di Andrea Panziera.
Penso sia capitata a tutti, magari molte volte nella vita, una situazione in cui si cerca di salvare il salvabile.
Non mi riferisco necessariamente a decisioni importanti, in mancanza delle quali, si rischia di compromettere per sempre il nostro futuro, ma penso anche alle piccole scelte quotidiane, dal valore economico estremamente marginale.
Venerdì scorso mia moglie, molto attenta a questi eventi, mi informa che il meteo segnala un brutto temporale in arrivo, con venti fortissimi ed alta probabilità di grandine. L’istinto mi suggerisce di mettere rapidamente al sicuro i frutti dell’orto prossimi alla raccolta. Riesco a farlo appena in tempo, perché da lì a poco si scatena una bufera che fa cadere rami in grande quantità e, non lontano da casa mia, sradica anche delle piante.
Mentre osservo con apprensione l’evento, il pensiero corre veloce al dibattito sui cambiamenti climatici e mi chiedo come la corrente negazionista possa essere ancora così forte e diffusa da ostacolare l’adozione di qualsiasi risoluzione efficace.
Non alludo tanto agli sfaccendati e penosi avvelenatori del web, che hanno messo Greta Thunberg nel loro mirino scagliandole contro ogni possibile contumelia e accusandola di essere una marionetta manovrata dagli immancabili poteri forti; ammesso e non concesso che esista una lobby ambientalista da cui lei sarebbe influenzata, si tratta di valutare se questa Spectre delle energie alternative faccia più danni di chi sta riducendo la Terra ad una discarica e non mi sembra che esistano dubbi in proposito.
Penso in realtà a molti politici, appartenenti soprattutto ad alcuni schieramenti facilmente individuabili, i quali, se va bene si limitano a qualche dichiarazione di circostanza, ma nei fatti avversano ogni provvedimento che si proponga di affrontare il problema del clima alla radice o addirittura riducono in sgangherata barzelletta ogni tentativo di seria discussione e approfondimento del problema.
Evidentemente poco gli importa di quale pianeta lasceranno in eredità ai loro figli, se un posto ancora vivibile o una fogna tropicale attraversata da fenomeni atmosferici devastanti, tanto loro non saranno lì a subire lo scempio. Mentre scrivo questo articolo un telegiornale ci dice che in Groenlandia l’aumento delle temperature ha fatto sciogliere in un giorno più o meno 12 miliardi di tonnellate di ghiaccio; per chi non si rendesse conto della portata dell’accaduto, ricordo che un miliardo di tonnellate corrisponde al contenuto d’acqua di 400mila piscine olimpioniche. In compenso il presidente brasiliano Bolsonaro ha ripreso in grande stile la deforestazione dell’Amazzonia , considerata da tutti il polmone del mondo; lascio ai lettori ogni commento, che spero non benevolo.
Per fortuna qualche notizia mi induce ad una piccola professione di ottimismo: le decine di migliaia di ragazzi che in questi giorni si ritrovano in Germania per discutere di tematiche ambientali e quello che sta accadendo in Etiopia, dove il Primo Ministro Abiy Ahmed Ali lo scorso giugno ha annunciato che entro ottobre pianterà 4 miliardi di alberi autoctoni nell’ambito dell’iniziativa #GreenLegacy. L’eccezionale opera di rimboschimento, che ha l’obiettivo di far tornare l’Etiopia una nazione ricca di verde come lo era un tempo, è partita nel migliore dei modi lo scorso 28 luglio. In una sola giornata sono stati infatti piantati oltre 350 milioni di alberi.
Forse sarà un’iniziativa velleitaria, ma ogni tanto un briciolo di sana utopia fa bene alla mente e al corpo.