Un forte legame tra il cibo e il covid-19: lo scoppio della pandemia ha acuito i disturbi alimentari
Di: Marina Storti
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Lo stretto legame che intercorre tra il cibo e il covid-19 si recepisce anche dall’assalto degli scaffali nei supermercati, che i media hanno documentato sin dell’origine della pandemia.
L’ascesa dei disturbi alimentari
Ciò che spinge l’uomo a compiere azioni così drastiche è sicuramente l’angoscia, il prospetto di morte verso l’avanzamento di un virus (allora) sconosciuto, e non di meno la rabbia alla visione di immagini di pipistrelli selvatici venduti nel mercato di Wuhan.
Una quarantena, dunque, che ha permesso a molti di scoprire l’amore per la cucina: espropriati dalla libertà del junk food o del cibo gourmet, si è deciso di utilizzare dosi di lievito di birra per realizzare pietanze a piacimento – tra le più note vi è la pizza.
Dai dati riportati dalle autorità scientifiche è emerso che i disturbi alimentari come anoressia, bulimia e dipendenze da cibo sono aumentati del 30%. Di fronte alla paura, all’impotenza e alle immagini di terrore, molte persone si sono riversate sul cibo; altre, invece, lo hanno allontanato.
Inoltre, la pandemia ha colpito direttamente una popolazione fragile, quella degli adolescenti. Coloro che diventeranno i cittadini di “domani”, ma con il rischio di un equilibrio psicofisico molto precario.
Un approccio sano all’alimentazione
Diviene necessario, dunque, pensare al benessere post-pandemia, orientando la popolazione verso un sano approccio all’alimentazione – ad ora dimenticato.
Le risorse vanno rivolte agli adolescenti fragili, la cui quotidianità, tra DAD e incertezze, è divenuta psicotica. Il rischio è infatti quello di trovare nei disturbi alimentari un rifugio, una risposta immediata per comunicare disperazione e porre fine al malessere.
Il filosofo Ludwig Feuerbach pronunciò la nota frase “Noi siamo quello che mangiamo”, ricordando l’importanza che assume nella vita la prevenzione. I discorsi sanitari, sociali, politici e culturali dovranno pertanto ristabilire l’equilibrio psicofisico degli italiani anche mediante ciò che passa sulle loro tavole e, per estensione, nella loro testa.