Serve all’Italia? Quanto costa? Qual è la sua filosofia? Ecco le tre domande sul MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità
Di: Andrea Panziera
Da giorni in Italia non si fa altro che parlare di MES, o più correttamente ESM (European Stability Mechanism). La cosa buffa è che all’improvviso siamo diventati un popolo di economisti, dove ognuno dice la sua, talvolta con argomentazioni sensate ma molto più spesso sparando castronerie senza capo né coda. Soprattutto, e questo è tanto grave quanto consueto, manipolando scientemente la realtà o addirittura inventando problemi che non esistono; il tutto, ovviamente, al solo fine di creare allarme sociale. Politici per i quali le imposte sono solo gli elementi della finestra e gli investimenti un incidente stradale in cui è coinvolto un pedone si atteggiano improvvisamente a premi Nobel delle scienze economiche, con sommo spregio del ridicolo prima ancora della verità. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza partendo da una breve cronistoria.
Il MES: Meccanismo Europeo di Stabilità
Il c.d. “Meccanismo Europeo di Stabilità” nasce nel 2012 dopo le crisi bancarie e dei debiti sovrani che hanno coinvolto soprattutto i Paesi mediterranei (Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro, più l’Irlanda). È nientemeno che la conseguenza della crisi finanziaria mondiale del 2008. In pratica, si tratta di uno strumento in grado di veicolare un messaggio chiaro rivolto a tutto il mondo finanziario: attaccare i Paesi europei scommettendo sul loro fallimento è inutile. È inutile perché esiste un Fondo, cioè il MES, dalla disponibilità enorme (700 miliardi di capitale), in grado di fare da prestatore di ultima istanza per i Paesi a rischio default. E infatti, dopo la sua istituzione, non c’è più stato alcun attacco speculativo contro Stati europei.
Tre domande sul MES
Serve all’Italia?
Sicuramente sì, perché un Paese con il nostro debito pubblico può correre il rischio di non trovare acquirenti dei suoi Titoli di Stato, se non a tassi proibitivi (vedi 2011). Conosco già l’obiezione: l’Italia è too big to fail (troppo grande per fallire) e trascinerebbe nella sua rovina anche qualcun altro. Improntare la nostra politica economica sull’arma del ricatto non è utile né serio e ai tavoli negoziali ci pone costantemente in una posizione di debolezza contrattuale. Oltretutto non sarei così certo che la UE non possa fare a meno di noi; e sicuramente dall’Italexit avremmo più da perdere che guadagnare (come insegna il caso inglese).
Quanto ci costa?
Il nostro Paese ha finora versato 14 miliardi di euro e detiene una quota del 17,8%. La Germania e la Francia contribuiscono più di noi, rispettivamente con il 26,9% ed il 20,2%. Quindi, dire che i nostri soldi servono a salvare le banche tedesche o di altre Nazioni è un’affermazione fuorviante contraddetta dai numeri. Infine, alcuni parlano di “automatismo della ristrutturazione” (cioè taglio del valore dei titoli) in caso di ricorso al MES in seguito ad una eventuale crisi del debito sovrano di uno Stato.
Nella nuova versione del Trattato, proprio grazie alla opposizione del Governo italiano, non è stata inserita l’ipotesi caldeggiata dai rigoristi del Nord Europa. Questa riguardava l’obbligo di ristrutturazione automatica e preventiva del debito pubblico dei Paesi che si rivolgono al MES. La riforma prevede invece che lo Stato che ne richiede l’intervento sia sottoposto all’analisi di sostenibilità del debito, procedura che sicuramente contiene ampi margini di discrezionalità, e che quindi sia tenuto a ristrutturare solo in caso di esito negativo.
Qual è la filosofia che sta alla base della nuova versione del MES?
Da una lettura non partigiana si evince che non è affatto quella di indurre l’Italia a ristrutturare il suo Debito Pubblico; al contrario, sembra piuttosto quella di indurla ad assumere tutte le iniziative necessarie per evitare di perdere la fiducia dei Mercati. Cosa che, tra l’altro, la costringerebbe di conseguenza a rivolgersi all’aiuto di prestatori internazionali di ultima istanza. Sarebbe quantomeno singolare che costoro, di fronte a debitori avvezzi a spendere patologicamente aldilà delle proprie disponibilità, in caso di reiterati comportamenti dissennati non chiedessero un minimo di tutela dei loro crediti.
In conclusione, aderire alla nuova formulazione del MES è necessario e utile. Una nostra opposizione creerebbe una contrapposizione con tutti gli altri Stati dell’area Euro, veicolando nel contempo una percezione altamente negativa sui Mercati.