La storia di Qiu Jin, poetessa femminista e rivoluzionaria che prima fra tutte si ribellò alla società tradizionale maschilista cinese
Di: Lorenzo Bossola
LEGGI ANCHE: In Cina, vaccino, uova e coupon
“Nata da una famiglia influente, dotata di grande talento, affabile, bella, con sopracciglia ben disegnate, lo sguardo penetrante e un’espressione gentile, era stata fatta sfilare poco più che [trentenne] per le vie della città con mani e piedi legati, e decapitata in pieno giorno”.
– Gao Xingjian, “La montagna dell’anima”, trad. it. Mirella Fratamico, Rizzoli, Milano, 2002
Così lo scrittore premio Nobel Gao Xingjian (高行健) ci presenta Qiu Jin (秋瑾). Arrestata per attività rivoluzionarie dalle autorità dell’ultima dinastia imperiale Qing (大清) il 12 luglio 1907, Qiu Jin non confessò mai il coinvolgimento nelle rivolte. Neanche sotto tortura. Fu dunque incriminata per poesie e scritti rivoluzionari e sovversivi, e venne giustiziata tre giorni dopo per decapitazione nel villaggio di Shanyin, vicino alla città di Shaoxing, nello Zhejiang. L’ultima testimonianza di Qiu Jin è la breve poesia, divenuta poi simbolo della sua storia, scritta durante gli interrogatori:
“Vento d’autunno, pioggia d’autunno: fanno morire di dolore”
(秋风秋雨愁煞人, qiūfēng qiūyǔ chóu shā rén).
Qiu Jin
Qiu Jin nasce l’8 novembre 1875 a Xiamen (厦门市), nella provincia del Fujian (福建省). La sua è una famiglia tradizionale, benestante e in declino come un po’ tutto il contesto socio-economico di fine dinastia Qing. Cresce seguendo le norme previste per una figlia femmina e, infatti, all’età di 5 anni le vengono fasciati i piedi. Grazie alla madre, riceve un’educazione letteraria pari a quella del fratello; inoltre, apprende le arti marziali, l’utilizzo della spada e dell’arco e come andare a cavallo, in genere prerogative maschili.
Nonostante l’educazione eccezionale per una giovane donna cinese di fine ‘800, Qiu Jin è costretta a obbedire al volere del padre, un mandarino 2 di medio rango, e a interpretare i ruoli di moglie e madre imposti dalla società tradizionale confuciana. A 21 anni, un’età considerata avanzata, sposa il figlio di un mercante del Hunan. Il matrimonio combinato si rivela infelice: sia il marito che la sua famiglia seguono con rigore la tradizione, finendo col disprezzare l’educazione avanzata e moderna della giovane.
Nel 1903, in compagnia dei due figli, raggiuge il marito a Pechino. Comincia qui a frequentare circoli intellettuali e progressisti, a studiare l’inglese e a scambiarsi poesie e idee con altre donne erudite. In questi anni, si rafforzano le sue idee liberali e di parità di genere, al punto da ritenere l’ammodernamento della Cina l’unica strada percorribile per la loro realizzazione.
Anche a causa della vita dissoluta del marito, Qiu Jin comincia a mettere in pratica i propri ideali. Inizia a mostrarsi in pubblico con abiti occidentali maschili – come fece l’eroina classica Hua Mulan (花木兰) – e a battersi contro i matrimoni combinati. Quindi, contribuisce anche alla fondazione di una scuola per ragazze.
La rottura col passato
All’età di 29 anni, Qiu Jin rompe con il passato: lasciati figli e marito, parte per il Giappone. Durante il viaggio solitario, scrive una poesia per un giapponese appena conosciuto (Un amico giapponese), che rivela tanto la sua determinazione quanto la sua malinconia. Qui impara la lingua, continua a istruirsi leggendo autori occidentali e comincia a frequentare le associazioni studentesche di studenti cinesi rivoluzionari che hanno dovuto abbandonare la Cina.
Si emancipa definitivamente togliendosi le fasciature ai piedi, simbolo e mezzo della sottomissione femminile. Quindi, si dedica attivamente alla vita politica, fondando giornali di stampo femminista ed entrando a far parte di società segrete volte a cacciare la dinastia mancese Qing e riportare la Cina alla grandezza passata. Nel 1905, i due più importati gruppi rivoluzionari in esilio in Giappone si fondono, dando vita al gruppo “tongmenhui” (中国同盟会), letteralmente “alleanza cinese unita”, capeggiato da Sun Yat-sen (孙中山), futuro primo presidente della Repubblica di Cina. Ovviamente, Qiu Jin ne fa parte attivamente.
Il ritorno a Shanghai, tra insegnamento e rivoluzione
Nel 1906, la donna torna in patria, a Shanghai (上海市), ormai centro rivoluzionario, progressista e femminista cinese. Da questo momento in poi, la sua attività viaggia su due binari paralleli: da una parte, insegna e gestisce due scuole per educare e istruire giovani donne; dall’altra, utilizza l’insegnamento per coprire le attività rivoluzionarie svolte in particolare nella vicina provincia dello Zhejiang (浙江省). Per esempio, trasforma l’ora di educazione fisica degli studenti maggiorenni in una sorta di addestramento militare, allenandoli all’uso delle armi da fuoco. Fonda poi il giornale radicale per ragazze e studentesse “Zhongguo Nubao” (中国女报), con lo scopo preciso di costituire un riferimento culturale femminista (immagine).
Ormai, la sua produzione letteraria e poetica è totalmente dedita alla causa rivoluzionaria, il che fungerà da pretesto per la successiva condanna a morte. Il giorno prima dell’arresto, Qiu Jin organizza una rivolta e, a seguito del fallimento, dimostra la propria volontà di non scappare e di continuare a combattere fino alla fine. Il suo ultimo atto di sacrificio diviene fonte di ispirazione per una generazione di donne. Non solo: scatena indignazione in tutta la Cina, mettendo in cattiva luce il governo imperiale centrale.
Nel 1911, quattro anni dopo la sua morte, i tanto agognati cambiamenti vedono la luce: la dinastia Qing giunge al termine, s’instaura la Repubblica di Cina e ha avvio un periodo di riforme. Nonostante la sua figura, la sua storia e il suo “martirio” siano stati usati per scopi anche propagandistici, Qiu Jin è passata alla storia come una delle prime donne cinesi a ribellarsi alla società tradizionale maschilista, promuovendo con coraggio la liberazione delle donne e l’equiparazione dei sessi. Ironicamente, anche il metodo dell’esecuzione della condanna a morte, la decapitazione, le conferisce forza, in quanto è stata tra le prime donne, se non la prima, ad essere uccisa con un’esecuzione riservata esclusivamente agli uomini.
Le poesie e le canzoni (trad. mia)
Un amico giapponese
Non dire di come le donne non possano diventare eroi: da sola, ho cavalcato i venti verso l’est, per diecimila leghe. Le mie riflessioni poetiche si espansero, una vela tra il cielo e il mare, sognando le tre isole del Giappone, delicata giada al chiaro di Luna. Addolorata per la caduta dei cammelli di bronzo, guardiani dei cancelli del palazzo cinese, un cavallo da guerra è caduto in disgrazia, non una battaglia è ancora stata vinta. Mentre il mio cuore si spezza di rabbia per i tormenti della mia patria, come posso indugiare, ospite all’estero, assaporando i venti primaverili?
Promuovere i diritti delle donne
La nostra generazione desidera essere libera. A tutti coloro che lottano: un’altra coppa di Vino della Libertà! L’uguaglianza tra maschi e femmine è stata donata dal Cielo, quindi perché le donne dovrebbero restare indietro? Lottiamo per tirarci su, per lavare via la sporcizia e la vergogna dei tempi passati. Unite, possiamo lavorare assieme, e restaurare questa terra con le nostre morbide mani bianche. La più umiliante è l’antica usanza di trattare le donne non meglio di mucche e cavalli. Quando la luce dell’alba risplende sulla nostra civiltà, noi dobbiamo essere le prime. Sradichiamo le radici della servitù, acculturiamoci, impariamo e mettiamo in pratica ciò che sappiamo; facciamoci carico delle responsabilità sulle nostre spalle, senza mai fallire o deludere, oh nostre cittadine eroiche!
Componimento senza titolo
In un batter d’occhio, il momento più opportuno è passato. La mia audace ambizione non è stata realizzata, con mio più amaro rammarico. Abbiamo lasciato cadere le nostre fruste nel mare per controllare la sua spietata inondazione. Abbiamo alzato in cielo le nostre spade per affilarle con la luna. Niente argilla per sigillare i cavalli corazzati in pericolo di Hangu. Copiose lacrime sono state versate dai cammelli di bronzo in Luoyang. Essendo la mia carne ridotta in polvere, le ossa polverizzate, tale destino è ormai una banalità. Spero soltanto che il mio sacrificio aiuterà a preservare il nostro Paese.