Quando, se non tra i venticinque e i trent’anni, la vita dovrebbe sorridere? Si è nel pieno della giovinezza, gli studi sono conclusi, in molti casi si muovono i primi passi in relazioni sentimentali solide. E, naturalmente, ci si addentra nel mondo del lavoro, gettando le basi per costruire la propria carriera. Tutto alla grande, quindi? Non proprio, almeno secondo una ricerca condotta da LinkedIn, ( il principale social network dedicato alle relazioni professionali) alla vigilia del lancio di un nuovo strumento, Career Advice, che incentiva i contatti tra i giovani lavoratori ed esperti nei loro settori di riferimento. Lo studio, condotto su 2000 giovani tra i 25 e i 33 anni, ha evidenziato che , in Italia, questa categoria di lavoratori versa in uno stato di disorientamento definibile come ” crisi da quarto di secolo”. Il 77% di loro si sente sotto pressione, il 43% teme che non riuscirà mai a esercitare il lavoro dei sogni, il 41% ha paura di non poter condurre uno stile di vita che lo soddisfi e il 33% ha l’ansia di non riuscire ad acquistare una casa. Sappiamo che trovarsi tra i 20 e i 30 anni nella società moderna può essere estremamente complesso soprattutto se si tiene conto delle pressioni che arrivano da fattori come distorsione della realtà creata dai social media che, quotidianamente, mettono a confronto con coetanei in apparenza felici, agiati, realizzati. Che ricadute può avere sulla vita di ogni giorno questo stato d’animo e come affrontarlo? Dai 25 anni circa i giovani fanno i conti con il diventare adulti: molti iniziano a progettare un futuro familiare o un lavoro più solido. Ma il mondo lavorativo è profondamente cambiato ed è meno prevedibile: sono venuti meno certi tipi di contratto e di garanzie. Per riuscire nel lavoro e nella professione, oltre alle nozioni e alle competenze acquisite con lo studio, servono capacità di organizzazione e flessibilità che pochi insegnano nei percorsi di studi, e che si possono sviluppare anche attraverso un lavoro su se stessi. Non di rado ci si trova delusi dalle prime esperienze lavorative e poco riconosciuti professionalmente ed economicamente, così ci si sente “in ansia”. Questo termine è un po’ abusato e, soprattutto i giovani, tendono a bollare come ansia stati d’animo meno allarmanti come la tensione e la preoccupazione. Ciò non toglie che, nelle persone più emotive, questa condizione possa avere ripercussioni fisiche, per esempio disturbi del sonno, disordini alimentari, un generale abbassamento delle difese immunitarie e malesseri che colpiscono dove si è più vulnerabili, si tratti delle vie respiratorie o dell’apparato gastrointestinale. Una volta presa coscienza di trovarsi in difficoltà è importante guardarsi dentro ed impegnarsi ad acquisire particolari capacità che possono essere di grande aiuto per muoversi con più sicurezza. Si tratta di quelle che in gergo tecnico vengono chiamate soft skills o competenze trasversali. Le possiamo considerare come una sorta di attrezzatura personale che permette di muoversi agilmente nel mondo lavorativo, ma che per essere conquistata spesso richiede un vero e proprio allenamento.. Tra queste rientrano l’abilità nel pianificare i propri compiti stabilendo le giuste priorità, quella di essere capaci di organizzare e riorganizzare di continuo il proprio lavoro, cambiando strada se necessario e, naturalmente, quella di fare networking, cioè di coltivare in modo giusto le relazioni. A questo proposito è importante sottolineare che non si tratta di averne tante, come i social network ci abituano a fare, ma di averne di buone , utili e costruttive… E’ anche utile perdere l’abitudine di paragonarsi agli altri, abituarsi a fermarsi e a mettere nero su bianco le proprie emozioni nei momenti più critici, confrontarsi, e ,se necessario,avere il coraggio di ripianificare la propria carriera cercando un lavoro che soddisfi di più.
Certamente servirà del tempo perché mutino l’atteggiamento e le aspettative che oggi si nutrono nei confronti del proprio futuro professionale.
Mariapia De Carli