Marta Preto, scrittrice vicentina, racconta come gli attacchi di panico abbiano trasformato la sua vita, fino a realizzare sogni mai pensati
Di: Sofia Boscagin
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Marta Preto, scrittrice vicentina, è cresciuta protetta da monti e colline, nella dolce valle attraversata dal torrente Agno, nella cittadina di Valdagno (VI).
Nel 2009 corona il suo amore per i numeri con una laurea in ingegneria gestionale e oggi lavora in un’azienda metalmeccanica, occupandosi della programmazione della produzione.
Nel 2018 è stata colta alla sprovvista dal suo primo attacco di panico, in un periodo difficile che si trasforma però in un’esplosione di vita: scopre la scrittura, risveglia il suo amore per il calcio — sport che praticava da bambina — e si cimenta nel teatro e nella musica.
Marta trova nella scrittura uno strumento di guarigione e, incoraggiata dalla sua psicoterapeuta, inizia a riempire diari su diari. Successivamente segue corsi di scrittura autobiografica e partecipa ad alcuni concorsi di poesia. Nel 2022 pubblica il suo primo libro, Un tocco delicato, in cui racconta la sua esperienza con gli attacchi di panico. Nel 2023 stampa Soffici parole, una silloge poetica, mentre nel 2024 esce il suo terzo libro, Balsamo per l’anima, che raccoglie le storie di persone incontrate dopo la prima pubblicazione: di coloro che, sentendosi compresi, le hanno raccontato le proprie difficoltà e i traguardi raggiunti.
La scrittrice ha anche organizzato Un gol per la salute mentale, un evento in cui Valdagno solidale, squadra creata da Marta, ha sfidato la Nazionale Calcio Spettacolo. Il ricavato, così come le vendite dei suoi libri, è stato devoluto in beneficenza.
Partiamo dall’inizio: come ti sei avvicinata alla scrittura?
«Mi sono avvicinata alla scrittura dopo un periodo difficile, grazie alla mia psicoterapeuta. A causa degli attacchi di panico mi ero rivolta a una professionista della salute mentale, e lei mi ha consigliato di mettere nero su bianco ciò che sentivo, anche quando era difficile esprimerlo. Piano piano ho iniziato a scrivere: all’inizio erano cose semplici, sembrava una lista della spesa, e poi ho cominciato a riempire pagine con pensieri sempre più corposi.»
Scrivevi dei diari, giusto?
«Sì, ho scritto finora otto diari autobiografici. Ogni volta che andavo ai colloqui, li condividevo con la mia psicoterapeuta: lei li leggeva per me, perché me ne vergognavo.»
Quindi, in qualche modo, scrivere ti ha aiutata a rivivere il passato in modo differente? Più positivo, forse?
«Sì, diciamo che portavo dentro alcune cose del passato con cui non riuscivo a far pace. Non si tratta di eventi gravi, assolutamente, ma ricordo, per esempio, un episodio da bambina che mi ha segnato: un conoscente adulto mi disse ‘Tu, Marta, non ridere, senti che brutta voce hai!’ Avevo solo dieci anni e ricevere quelle parole per me fu un trauma. Dopo quell’esperienza, avevo paura di parlare: a scuola, nello sport, e poi anche al lavoro. Parlavo, ma dicevo il minimo indispensabile. Lo sport mi ha aiutata tantissimo: giocando a calcio riuscivo a sfogare la mia rabbia; la scrittura, invece, mi ha permesso di tirare fuori questo trauma e, piano piano, di superarlo. Quando sei piccola non hai ancora la maturità per capire certi comportamenti, e non puoi rispondere indietro agli adulti, anche se, spesso… se lo meriterebbero!»
In che modo hai capito che i tuoi scritti autobiografici, quindi il tuo diario personale, potevano diventare un libro?
«Allora, dopo gli attacchi di panico ho iniziato a leggere un libro che raccontava la storia di una persona che aveva avuto gli stessi miei problemi. Quando si sta male, trovare conforto nella lettura o in chi ha vissuto esperienze simili fa sentire meno soli. Quando mi sono imbattuta in quel libro ho pensato: se altre persone hanno avuto difficoltà simili, forse anche ciò che avevo scritto io potrebbe essere d’aiuto a qualcuno. Sapere che le mie parole potevano far sentire qualcuno meno solo è stata la spinta decisiva verso la pubblicazione della mia esperienza e della mia rinascita dopo gli attacchi di panico.»
E come ci si sente a sapere che queste pagine sono fra le mani di qualcuno? Che stanno leggendo le tue sensazioni, anche intime?
«Inizialmente avevo paura, perché si teme il giudizio degli altri. Poi però ho pensato che, su circa 600 copie vendute, anche se solo una persona riuscisse a sentirsi vicina alla mia esperienza, sarebbe comunque stata una gran cosa. Così, alla fine, ho smesso di preoccuparmi del giudizio altrui.»

I titoli dei tuoi tre libri — Un tocco delicato, Soffici parole e Balsamo per l’anima — evocano un immaginario di dolcezza e delicatezza. Come mai?
«Sono una persona molto sensibile e adoro circondarmi di persone che lo sono altrettanto. Per il primo libro, Un tocco delicato, ero molto indecisa, volevo che il titolo rispecchiasse le parole all’interno. Non ricordo in che momento ho pensato Soffici parole. Il titolo di Balsamo per l’anima, invece, l’ho voluto fin dall’inizio.»
Nel tuo ultimo libro hai fatto un paragone tra il balsamo per capelli ricci e la psicoterapia. Vuoi spiegarci?
«Esatto, Balsamo per l’anima è partito proprio da quel pensiero. Ho tanti capelli ricci, quindi ho bisogno di tanto balsamo, e quando andavo dalla terapeuta, a volte, mi sembrava di avere tantissimi pensieri tutti aggrovigliati, proprio come i miei capelli. Mi immaginavo la terapeuta con una piccola boccetta di Balsamo per l’anima: erano le sue parole delicate che mi aiutavano a ritrovare il filo del discorso. È nato da qui il titolo.»
Questi titoli sembrano quasi un invito al lettore ad entrare nei tuoi libri con delicatezza e rispetto.
«Esatto. Forse, se i titoli e le copertine fossero stati più accattivanti, mi sarebbero stati estranei. Sono contenta di essere riuscita a rappresentare il messaggio in questo modo.»
All’inizio abbiamo parlato del tuo primo lavoro, Un tocco delicato. Vuoi raccontarci anche le tue ultime pubblicazioni?
«Soffici parole è una raccolta di poesie molto semplici. Una è intitolata 9 luglio 2018, ovvero il giorno in cui ho avuto il mio primo attacco di panico; altre sono dedicate ai miei genitori o a mia nipote; altre raccontano l’amicizia, l’amore, la matematica — in una inserisco il Pi greco — dato che è la mia passione. Un paio di queste poesie sono state menzionate in alcuni concorsi di poesia. Balsamo per l’anima, invece, raccoglie storie di persone che ho incontrato dopo la pubblicazione del primo libro. Qui ho scritto anche una lettera alla mia terapeuta, una a me stessa e una a mia nipote. »
Attraverso dei dialoghi racconti il tuo rapporto con amici e parenti. In che modo ti hanno aiutata o, talvolta, non compresa?
«Quando seguivo il corso di scrittura autobiografica alla Scuola Holden, un insegnante ci suggerì di annotare i sogni appena svegli. Una notte sognai mia nonna e la mia prozia: eravamo a una festa con tutti i parenti, ma solo loro due mi parlavano. Al tempo stavo anche leggendo un libro di Alessia Gazzola e rimasi colpita dai dialoghi; così, unendo queste due esperienze, ho inserito nel libro dei dialoghi con mia nonna. Fu una vera terapia: dopo la sua morte non ero più riuscita a raccontare i miei sentimenti. La scrittura e la psicoterapia mi hanno aiutata a elaborare il lutto. Pochi mesi dopo la pubblicazione del primo libro, è venuta a mancare anche mia zia. Perciò, nell’ultimo libro, ho invitato a casa mia la nonna e le mie zie, per sentire ancora la loro vicinanza.
Scrivere, spesso è un’attività solitaria, può essere emotivamente intenso e talvolta commovente, ma poterlo fare attraverso questi dialoghi è stato meraviglioso: non mi sono mai sentita sola.
Quando ho iniziato a scrivere sono stati tutti sorpresi, visti i miei studi matematici. Tuttavia, mi hanno subito dato il massimo supporto. Anche gli amici mi sono stati vicini, erano orgogliosi.»
So che devolvi in beneficenza il ricavato dei tuoi libri. Quali associazioni hai scelto di sostenere?
«Inizialmente ho scelto due associazioni, la prima è Progetto Itaca, ha varie sedi in Italia e si occupa di salute mentale. La seconda segue i malati di Alzheimer, mia nonna aveva questa malattia. Per l’ultimo libro ho aggiunto una terza associazione che segue i malati di cheratocono, una malattia agli occhi di cui anche io sono affetta.»
Ora cambiamo tema: so che hai molte passioni e che, negli ultimi anni, ti hanno aiutata superare la timidezza, fino a parlare davanti a uno stadio. Vuoi raccontarci?
«Sì, ho fatto diverse presentazioni dei libri, parlando a molte persone, non mi aspettavo che sarebbero stati così numerosi! Ho partecipato anche a un piccolo talent della mia zona, recitando un monologo scritto da me sulla salute mentale. Recentemente, a Valdagno, ho partecipato a La Corrida, oltre al monologo ho cantato L’emozione non ha voce di Celentano, anche se sono stonata! Poi ho fatto interviste in radio e, per la prima volta, ho presentato i libri fuori dal Veneto. Gli attacchi di panico, inizialmente devastanti, mi hanno aperto strade che non avrei mai immaginato esistessero dentro di me. »

Oltretutto hai organizzato un evento speciale legato al calcio. Vuoi parlarcene?
«Sì, e ne sono molto orgogliosa. Ci ho messo circa 10 mesi a organizzare tutto, naturalmente con l’aiuto generoso della vicesindaca di Valdagno. La Nazionale Calcio Spettacolo è arrivata da Torino e tra i partecipanti c’erano anche ex giocatori di Serie A, come Massimo Carrera e Sergio Porrini (ex giocatori della Juventus) e Nicola Zaccarini (ex giocatore del Vicenza), oltre al comico veneto Barutz e tanti altri. Ho giocato anch’io, dopo molti anni. Ho creato la squadra Valdagno Solidale. Hanno partecipato anche personaggi famosi. È stato incredibile per me, juventina sfegatata, giocare contro i giocatori che ho visto vincere la Champions League! Un sogno!
Abbiamo organizzato una lotteria con magliette donate da squadre di Serie A; poi c’erano food truck, musica e circa 700 persone! L’ingresso era a offerta libera e siamo riusciti a coprire tutte le spese — inclusi i pernottamenti della Nazionale — e a devolvere circa mille euro ad ognuna delle due associazioni che sostengono la salute mentale nel nostro territorio.
Gli attacchi di panico mi hanno messa a dura prova, ma questa esperienza mi ha dato tanto, sia emozioni forti che ricordi meravigliosi! Fin da piccola desideravo portare un evento del genere nella mia città.»
Vuoi raccontarci anche i tuoi progetti futuri?
«Sto scrivendo pensieri e appunti, vediamo cosa ne uscirà. Da un punto di vista lavorativo ho completato un altro mio sogno: un corso di Project Management. L’11 settembre, in occasione della Settimana dello Sport a Valdagno, intervisterò tre ragazzi della Nazionale Italiana di calcio a cinque ipovedenti. »
In compagnia di tutte queste passioni: come stai oggi?
«Che domandona! Sono in un momento di riflessione, ho avuto un anno intenso. Prima degli attacchi di panico, avrei continuato a correre senza sosta, ora ho imparato a riconoscere i segnali del corpo e della mente. Oggi, grazie alla psicoterapia, ho gli strumenti e la consapevolezza che mi permettono di affrontare questi momenti e che mi fanno capire che a volte è giusto rallentare. In generale, sto bene e sono soddisfatta!»
Grazie.