L’ascesa della post democrazia e dell’intelligenza artificiale: tra i rischi della tecnologia e le speranze di un mondo in trasformazione
Di: Andrea Panziera
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Da molto tempo ho maturato la convinzione che, nella realtà attuale, i fari che illuminano il nostro cammino siano pochi e il tragitto risulti spesso avvolto da nebbie e insidie di vario tipo. Gli uni e le altre siamo noi uomini e mi viene a mente un famoso detto di Plauto, che non ho mai più dimenticato dai tempi del liceo: “homo homini lupus”. In una società con poche regole, senza una chiara e forte suddivisione dei Poteri e con leggi lasche e facilmente aggirabili, ogni individuo le cui azioni scaturiscono solo dal suo esclusivo tornaconto personale cerca di prevaricare gli altri e togliere di mezzo tutti coloro i quali possono rappresentare un ostacolo al raggiungimento dei suoi scopi. Forse è sempre stato così, ma molti di noi erano convinti che le moderne democrazie disponessero della capacità e della forza per tenere a bada questi istinti. Ritengo che tale convinzione vada rivista, o quantomeno non data per scontata ma contestualizzata. Fra meno di quindici giorni prenderà il via la seconda presidenza di Donald Trump. La sua concezione del Governo di un Paese è piuttosto chiara: lui si ritiene legittimamente detentore di un potere che non deve più rendere conto a nessuno del suo operato, in quanto il mandato ricevuto dai suoi elettori gli avrebbe conferito questa prerogativa. Con lui nasce l’era della “post-democrazia”, nella quale uno dei principali obiettivi è l’abbandono dell’insieme dei valori propri della cultura liberale dei diritti e dei doveri, che ha connotato tutti i Paesi occidentali dopo la fine della seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti rappresentano solo il caso più eclatante di un movimento che si sta diffondendo un po’ ovunque: i partiti dell’ultra destra radicale, cresciuti nell’ultimo decennio in tutte le nazioni democratiche, non solo in Europa, sono promotori di un nuovo modello istituzionale, che neanche troppo paradossalmente assomiglia per molti versi ai regimi autocratici, come la Russia putiniana con la quale simpatizzano, trovando realizzazione concreta nelle c.d. “democrature” insediatesi nell’ultimo decennio. L’Ungheria di Viktor Orban e la Slovacchia di Robert Fico sono la compiuta espressione di questa involuzione, ma la rincorsa verso forme di populismo acchiappa – consensi sta facendo breccia un po’ in tutte le forze politiche. I principi fondanti delle democrazie liberali, che coniugano diritti e responsabilità, ma proprio per questo implicano regole, controlli e vincoli, vengono messi in discussione, in quanto costituirebbero un freno anacronistico rispetto alla velocità dei mutamenti del contesto, indotti dal progresso della tecnologia e dal suo presumibile impatto sulle generazioni future. Secondo i sostenitori di questa visione, è necessario addivenire ad una semplificazione sistemica, procedurale, con la quale vengono aboliti i corpi intermedi, garanzia di correttezza e legittimità, instaurando nel contempo una sorta di rapporto diretto fra le istanze dei cittadini ed il leader che essi hanno votato. Quest’ultimo risulta tanto più gradito quanto più si appalesa la sua distanza, vera o molto più spesso presunta e artificiosa, dalle stanze del potere e la sua furbescamente dichiarata vicinanza e condivisione coi valori dei c.d. “underdog”. Le immagini che si potevano osservare in tutti i comizi di Trump ne costituivano limpida testimonianza: sul palco, accanto a lui, vi era la presenza costante del re della tecnocrazia nonché vero dominus del futuro prossimo venturo; al loro cospetto in platea ai agitava uno stuolo di adoranti sciamannati, per lo più senza arte né parte, convinti senza dubbio alcuno di essere adeguatamente rappresentati da un signore che per loro non farà assolutamente nulla, ma di volta in volta scatenerà la loro rabbia verso un nemico nei fatti inesistente, magari un altro povero Cristo probabilmente ancora più disperato, con l’accusa di essere il responsabile del loro vivere insulso e miserabile. Nel nome di questa stretta comunione basata su sentimenti identitari, i fautori della post – democrazia puntano ad un sistema in cui al leader di turno è concesso più o meno tutto, al riparo da ogni possibile vincolo o interferenza. insomma, la gestione del potere legittimamente conquistato che si trasforma in comando senza controlli, l’eventuale esercizio dei quali viene derubricato a indebita interferenza o , peggio, azione anti patriottica. Uno scenario, in salsa ketchup o, come potrebbe accadere a breve, corroborato da birra, crauti e wurstel, appena meno pervasivo ed invasivo di quanto accade più ad Est, dove i dissidenti istituzionali, magari oligarchi caduti in disgrazia ovvero semplici operatori dei media non allineati al mainstream del potere, se sono fortunati riescono ad emigrare prima di essere rinvenuti suicidati in qualche oscura cella ovvero scivolati per asserita disattenzione dalla finestra del loro appartamento. Non so cosa ne pensino i lettori, ma personalmente di questi prossimi scenari di cambiamento non ne avverto alcuna necessità così come, per altri versi, mi incutono apprensione e timori le lodi di alcuni pseudo – sapienti verso i luminosi orizzonti che si aprirebbero grazie alle nuove tecnologie, in primis l’Intelligenza Artificiale. Tralascio ogni considerazione sugli impatti nel mondo del lavoro, tema che con numeri adeguati approfondirò in un mio prossimo articolo. I pareri sono assai controversi, anche se leggendo molte opinioni si ricava la netta sensazione che spesso esse siano formulate senza una appropriata cognizione di causa. Mi fido molto di più di chi della materia è fra i maggiori esperti riconosciuti a livello mondiale. Ebbene, Geoffrey Hinton, premio Nobel per la Fisica 2024 e pioniere dell’intelligenza artificiale, ha appena pronunciato parole nette ed inequivocabili: entro i prossimi 30 anni, l’AI potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale per l’umanità. In una recente intervista alla BBC Radio , Hinton ha previsto con una probabilità del 10-20% che questa tecnologia possa provocare l’estinzione del genere umano. “ Quanti esempi conoscete di una cosa più intelligente controllata da una meno intelligente? Ce ne sono pochissimi”. l’evoluzione dell’AI sta avvenendo molto più velocemente di quanto previsto. “Pensavo che ci saremmo arrivati tra 30 o 50 anni. Ovviamente, non lo penso più”, ha dichiarato. L’intelligenza artificiale sta raggiungendo livelli di complessità che potrebbero portare a sviluppare sistemi più intelligenti dell’uomo, capaci di superare qualsiasi controllo delle persone. Hinton ha sottolineato come questa evoluzione non sia solo tecnologica ma anche etica e sociale. “Se immaginiamo noi stessi come bambini di tre anni e l’AI come un adulto, possiamo capire quanto sia difficile esercitare un controllo su qualcosa di più intelligente di noi”. Ha inoltre evidenziato la necessità di una regolamentazione governativa per garantire che lo sviluppo dell’AI avvenga in modo sicuro. “Lasciare l’intelligenza artificiale nelle mani delle grandi aziende non basta. Serve un controllo da parte dei governi per costringere le aziende a investire nella sicurezza”. Ma la questione è piuttosto semplice: la post – democrazia verso cui ci stiamo avviando, spesso dominata o etero diretta da magnati la cui ricchezza personale supera uno Stato di medie dimensioni, garantisce questi controlli, soprattutto nel caso in cui essi rischino di collidere coi loro interessi? Un po’ di scetticismo ritengo sia del tutto naturale. Ma per fortuna, almeno per il momento, qualche faro illuminante esiste ancora ed è grazie a questo/i che , finché rimangono accesi, trovano alimento le fiammelle della speranza. Uno di essi è senza alcun dubbio il nostro Presidente della Rebubblica Sergio Mattarella. Il suo ottimo discorso di fine anno ha ricevuto un apprezzamento bipartisan e vista la chiarezza della visione e la profonda etica dei valori espressi non poteva essere altrimenti. Ne cito solo alcuni passaggi, fra i più significativi. “Mai come adesso la pace grida la sua urgenza. La pace di cui l’Unione Europea è storica espressione. Ma la pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità. Perché è giusto. E – se questo motivo non fosse ritenuto sufficiente – perché è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa”. Di mio, aggiungo che la memoria storica ci ha insegnato ad evitare di commettere certi errori. Come non rammentare quanto successo alla Conferenza di Monaco nel 1938, che si concluse con un accordo che portò all’annessione alla Germania di vasti territori della allora Cecoslovacchia con il placet delle potenze democratiche che, fedeli alla politica di appeasement, pensarono di aver raggiunto un compromesso per una pace duratura, accontentando le mire espansionistiche di Hitler? Sappiamo poi come è andata a finire. “Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia. Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione. Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità”. Preferisco non commentare qualche voce fuori dal coro, tipo “sapeva a cosa andava incontro” o indegni paragoni con il quasi contemporaneo fermo su mandato internazionale dell’ingegnere ideatore dei droni iraniani, che quotidianamente si abbattono sul territorio ucraino. Nelle nostre democrazie anche gli idioti hanno diritto di parola, mentre a parti invertite, essi nella migliore delle ipotesi languirebbero in anguste celle, privi anche dei generi di prima necessità, senza alcuna possibilità di proferire verbo. Uno sguardo infine al nostro Paese, avvolto da qualche luce e non poche ombre, con una menzione storica particolare. “ Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni della Liberazione. Essa costituisce fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia. Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica. Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte.”
Buon 2025 a tutti i lettori, con l’auspicio che riflettano e facciano proprie le parole del nostro Presidente.