Dalla solita commedia italiana alle fallaci promesse del marketing politico: i dati ISTAT rivelano la cruda realtà economica del nostro Paese

Di: Andrea Panziera

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Per settimane la scena politica nazionale ha trovato profonda ispirazione nelle pieghe della più verace e popolare commedia all’italiana, quella che per più di una generazione ha connotato la nostra cinematografia con opere spesso grottesche, in qualche caso anche di piacevole visione, ma non di rado non proprio eccelse in quanto a qualità. Prendendo a prestito il titolo di un film piuttosto famoso dell’epoca, la sintesi di ciò che ha occupato i media di ogni tipologia da inizio agosto fino a qualche giorno fa, potrebbe riassumersi semplicemente con “Non drammatizziamo, è (stata) solo una questione di corna”. Ma tutti i lettori sono consapevoli dell’importanza che questo tema riveste nel comune sentire della popolazione, particolarmente sensibile e interessata ai risvolti pruriginosi delle attività della nostra classe politica. Soprattutto nel caso in cui, come quello che ha visto protagonista l’ormai ex ministro dell’Incultura, pubblico e privato si mischiano fino a divenire qualcosa di indistinguibile, tra promesse di futuri strapuntini istituzionali in cambio di richieste di prestazioni affettive o liaison amorose realmente consumate. Un dubbio appare allora legittimo: lo scarsi crinito protagonista della vicenda si è confuso più e più volte nel citare vicende e personaggi storici che, visto il ruolo ricoperto, avrebbero dovuto costituire il suo pane culturale quotidiano, proprio perché preda delle spire obnubilanti di questa avvenente signora bionda, che lo ha circuito fino a fargli perdere finanche il senso del Sapere oltre a quello del ridicolo? O più verosimilmente per bieca ignoranza della Storia? È vero, il nostro confuso fedifrago vanta una certa bibliografia, ma anche suoi colleghi di altri dicasteri asseriscono di aver scritto dei libri. Sorge il fondato sospetto che il loro contributo si sia limitato all’apposizione del nome sulla copertina. Ma tornando al novello Casanova partenopeo, non bastava semplicemente guardarsi allo specchio per rendersi conto che l’accoppiata ricordava una celebre battuta di un film con Paolo Villaggio ed Anna Maria Rizzoli, con la quale l’anziano uomo d’affari che si accompagnava all’attrice veniva da quest’ultima declassato da Vecchio Simba a Vecchio Bamba? O magari, sarebbe stato sufficiente ripescare una vecchia canzone di Rita Pavone, sostituendo semplicemente il nome di Pippo con quello di Gennaro, per ottenere un quadro un po’ più realistico del ruolo in commedia. La querelle fra i due protagonisti al momento non è ancora finita, le carte bollate e le comparsate televisive come risposta alla via giudiziaria imperversano, mentre tutti noi attendiamo con ansia nuove rivelazioni, con la segreta ma forse vana speranza che non si tracimi nel pecoreccio. Calato per il momento il sipario sui tradimenti con annesse protuberanze ossee, la Politica è ritornata ad occupare le prime pagine dei giornali, in quanto è alle viste la Legge di Bilancio, rispettosa e plasmata su misura delle nuove regole del Patto di Stabilità. E qui si stanno evidenziando tutti i limiti, le promesse fallaci, i contorsionismi circensi del quotidiano marketing politico. L’ Unique Selling Proposition , utilizzata da mesi per magnificare i grandi successi dell’Esecutivo, si sta via via rivelando un claim ammaccato e smentito dalla cruda realtà dei numeri: fino a qualche giorno fa sembravamo diventati il Paese di Bengodi, con i fondamentali migliori dell’Eurozona. Gli ultimi dati comunicati dall’Istat hanno gettato gelide secchiate di sano realismo su queste reiterate nonché gratuite professioni di ottimismo, palesando una rivisitazione positiva dei risultati del Governo Draghi ed un secco e innegabile ridimensionamento di quelli posteriori, con la sola parziale ma un po’ ambigua eccezione per il mercato del lavoro e l’andamento dell’occupazione. Gli obiettivi di crescita, fino a poche settimane fa fissati ambiziosamente all’1%, a stento raggiungeranno lo 0,8% ma è probabile che ci si fermi allo 0,6 . Nel secondo trimestre il Pil è aumentato dello 0,2% – in linea con le stime preliminari – ma la variazione acquisita per il 2024, cioè il tasso di crescita che si avrebbe in caso di variazione nulla nei prossimi due trimestri, è scesa allo 0,4%, dallo 0,6% precedentemente stimato. E visto il cattivo andamento del settore industriale e la fine della stagione turistica, che ha trainato il nostro sistema economico nei primi nove mesi, le speranze di un colpo d’ala nell’ultima parte del 2024 sono prossime allo zero. Nel comunicato appena pubblicato da parte dell’Istat si afferma testualmente: “Rispetto al trimestre precedente, tra i principali aggregati della domanda interna i consumi finali nazionali presentano una crescita dello 0,5%, mentre gli investimenti fissi lordi diminuiscono dello 0,1%. Le importazioni sono cresciute dello 0,2% e le esportazioni sono diminuite dell’1,2%. Riguardo al valore aggiunto dei principali comparti produttivi, agricoltura e industria sono in diminuzione rispettivamente dell’1,6% e dello 0,5%, mentre i servizi crescono dello 0,4%. Sempre nel secondo trimestre la pressione fiscale – cioè il rapporto tra le imposte versate e il valore del Pil – è stata pari al 41,3%, in salita di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dell’1,2% nel secondo trimestre 2024, con lo stesso incremento per il loro potere d’acquisto. I consumi sono cresciuti dello 0,4%, con una propensione al risparmio aumentata di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente”. Cosa si evince da questi dati ? Che l’aumento dell’occupazione, il cui dato interessa soprattutto gli over 50, nonché quello dei redditi delle famiglie, non si traduce ancora in aumento della domanda di beni. Una palese situazione di incertezza, in cui si preferisce risparmiare, per quanto si può, in attesa di vedere come evolverà il prossimo futuro, interno ed internazionale. Nel frattempo, la immanente commedia tricolore mette in scena altri spettacoli, dai trasporti paralizzati per giorni nell’intera penisola per colpa di un chiodo malandrino, alle note e storiche fragilità strutturali che provocano disastri e disagi, ai distinguo sui diritti di cittadinanza “intra moenia” governative, ai fantomatici campi larghi che alla prova dei fatti assumono le dimensioni di quelli di un calcetto, popolati da mestieranti litigiosi. Il tutto, in attesa di capire quali e quanti sacrifici saremo chiamati a affrontare e su quali soggetti ricadrà l’onere nel medio termine, a smentita degli imbonitori che contro ogni evidenza negano questa eventualità. Flaiano aveva visto giusto: la situazione è grave ma non è seria.