Può una svolta inaspettata segnare le sorti del conflitto in Ucraina? Ogni ipotesi è sul tappeto, ma le premesse ci sono tutte

Di: Andrea Panziera

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Siamo in presenza di una svolta inaspettata che può segnare le sorti del conflitto in Ucraina? Al momento ogni ipotesi è sul tappeto, ma senza ombra di dubbio le premesse ci sono tutte. L’occupazione di Rostov da parte degli uomini di Evgenij Prigozhin, il generale senza stellette a capo della milizia Wagner, l’annunciata marcia di avvicinamento a Mosca, la reazione dei vertici militati russi, alcuni dei quali si sono schierati al fianco del comandate dei mercenari, il discorso alla Nazione di Putin in cui parla esplicitamente di alto tradimento, sono tutti segnali che indicano una resa dei conti già iniziata e può portare ad una implosione del sistema o ad una sua deriva dagli esiti imprevedibili. Un passo indietro. Chi sono i Wagner? La loro data di nascita risale al 2014 ed è la creatura di un ex colonnello dei servizi segreti. Il nome evoca quello del compositore, il prediletto di Adolf Hitler e già da questo non secondario particolare si comprende quale sia l’ideologia ispiratrice del gruppo. Se il fondatore è un militare, il finanziatore nonché attuale comandante in capo è un uomo d’affari che l’attuale inquilino del Cremlino ha conosciuto in quel di San Pietroburgo, quando era vice-sindaco della città. Accusato in passato di una molteplicità di reati, è entrato nella ristretta cerchia degli aficionados del presidente russo per “meriti culinari”, essendo proprietario di alcuni ristoranti di lusso presso i quali “il piccolo zar” era solito consumare i suoi pasti . Da questo deriva il soprannome di Prigozhin, il “cuoco di Putin”. Non si conosce con esattezza il numero dei combattenti effettivi del gruppo Wagner, tutti mercenari provenienti perlopiù dalle forze militari, in primis dai servizi di intelligence nonché, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, dalle patrie galere. Quel che è certo, è l’entità dei loro compensi, di gran lunga superiore (circa il triplo) di quelli dei soldati arruolati nelle forze armate nazionali. In caso di loro dipartita in battaglia, i familiari ricevono un congruo risarcimento “post mortem” in cambio di un obbligo di riservatezza assoluto. Il Cremlino ha sempre smentito che esista uno stretto legame dello Stato con questa milizia. In realtà, essi sono il braccio armato moscovita in tutti gli scenari nei quali un intervento diretto avrebbe comportato seri problemi nelle relazioni internazionali: nel Medio Oriente, in molti Paesi centroafricani e, ultimamente, pare anche in Serbia gli uomini della Wagner sono in campo, etero diretti da persone vicine agli interessi russi, loro alleati e, in qualche caso, da figure neanche secondarie dell’apparato. La loro importanza nel conflitto contro l’Ucraina è indiscutibile: le uniche vittorie russe in battaglia sono riconducibili a loro. Soledar, Lysychansk e Bakhmut non sarebbero mai state conquistate senza l’intervento della Wagner, che in questi scontri ha subito pesanti perdite. Da dove nasce la ribellione di queste ore, che ha tutti i connotati di un vero e proprio colpo di Stato? La risposta ce la dà lo stesso Prigozhin e non ammette interpretazioni di sorta, tanto nette sono le sue parole. La presa di Rostov è una operazione di legittima difesa, dopo che l’esercito russo, su ordine del ministro della Difesa Shoigu, ha aperto le ostilità contro il Gruppo Wagner. E’ allora l’inizio della guerra civile? Prigozhin la definisce “marcia della giustizia”, per liberare la Russia da vertici militari corrotti ed incompetenti. Ma nelle sue dichiarazioni c’è qualcosa di più, affermazioni ad alto potere detonante, rivolte al popolo russo affinché apra finalmente gli occhi e conosca la verità finora negata. Egli affossa tutte le motivazioni del conflitto, veicolate dalla propaganda, per giustificare l’intervento in Ucraina: non c’è mai stata, né pensata, alcuna “pazza aggressione” da parte dell’Ucraina, nessun suo tentativo “di pianificare un attacco con l’appoggio della Nato”, non è mai esistito il bisogno di “denazificare” e “smilitarizzare” il Paese confinante. L’operazione militare speciale è stata attuata per motivi differenti. Essa doveva servire ai vertici delle Forze armate per rafforzare il loro potere e riverniciare un’immagine alquanto sbiadita ed è stata promossa dagli oligarchi che avevano “rubato alla grande nel Donbass, ma volevano di più”, ossia spartirsi l’Ucraina e nominare come presidente Medvedchuk, il loro esponente arrestato da Kiev durante i primi giorni del conflitto. Queste parole, pronunciate da uno che conosce bene gli antefatti, i misfatti e la situazione corrente, a prescindere dalla valenza etica del personaggio, dovrebbero suscitare un minimo di riflessione sui manipoli di artisti, intellettuali, politici, che da studi televisivi o palchi “pacifinti” si sono fatti portavoce del più becero neneismo (né con Putin né con Zelensky), o peggio , hanno inveito contro le provocazioni occidentali. Cari signori, la vostra ricetta è stata demolita da un cuoco amico!