La costante crescita del consumo del vino dealcolato rappresenta una potenziale e importante opportunità a livello economico
Di: Anna Russomando
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Pur essendo ancora un mercato di nicchia, il consumo di vino dealcolato in Italia e nel mondo sta crescendo in modo costante. Attualmente il 36% dei nostri connazionali si dichiara interessato a provarlo, soprattutto quella fascia di giovani più attenti al benessere e alla salute.
Nel 2024 l’Italia ha registrato un consumo di circa 30 milioni di euro di vini parzialmente o totalmente dealcolati e, sebbene il Paese stia ancora aspettando una normativa definitiva ed esaustiva per facilitarne la produzione, la domanda sembra destinata ad aumentare sempre di più.
Inoltre, è importante sottolineare il fatto che da alcuni anni il nostro settore enologico, analogamente a quanto accade in tutti gli altri Paesi produttori, attraversa una fase connotata da numeri complessivamente ancora positivi, ma per quanto riguarda sia i consumi interni che l’export, non si evidenziano particolari prospettive di crescita. Questo perché l’intero comparto sta affrontando un periodo complesso dovuto a vari fattori, tra cui una crescente sovrapproduzione e un calo della domanda globale.
Infatti, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio dell’ Unione Italiana Vini, il consumo di alcol pro capite ha subìto un decremento notevole; c’è poi anche da considerare che circa il 50% della popolazione mondiale non consuma bevande alcoliche per svariati motivi, ad esempio religiosi o che riguardano la scelta di perseguire uno stile di vita più sano, ovvero derivanti dalle normative in materia di alcolici sempre più severe.
All’interno dell’Unione Europea il mercato dei vini parzialmente e totalmente dealcolati ammonta attualmente a circa 322 milioni di euro e si stima infine che, entro il 2025, il mercato globale della dealcolizzazione potrebbe avere un valore complessivo pari circa 27 miliardi di euro, con un incremento annuo tra il più 7% e il più 10% , tassi di gran lunga superiori a quelli del vino classico.
Ma che cos’è questo nuovo tipo di beverage? Si tratta di una bevanda analcolica a base di mosto d’uva vinificato e successivamente dealcolizzato, ovvero privato dell’alcol attraverso un processo ad hoc, che può essere parziale o totale.
In questo modo, data l’assenza di alcol, risulterà più “leggero”.
È però importante specificare che non è corretto paragonare il vino dealcolato a quello tradizionale, poiché ne manca una parte importantissima, ovvero l’alcol; quindi, anche se si cerca di mantenere il più possibile immutate le caratteristiche di un vino tradizionale, diventa un prodotto diverso. Non stiamo parlando di un bene sostitutivo del vino, bensì di una sua alternativa. Un prodotto parallelo che richiami il vino tradizionale ma senza gli effetti collaterali dell’alcol. Esso risulta più smorzato nei profumi e negli aromi, comunque riconoscibili e percepibili al 50% circa.
Il vino dealcolato rappresenta un’opportunità economica non indifferente, soprattutto data la crescente domanda a livello mondiale, proveniente soprattutto ma non soltanto da tutti i Paesi “no wine beverage” come le Nazioni Arabe, ma anche gli USA, il Nord Europa, il Giappone, la Corea e la Cina.
Ad aumentare la richiesta di prodotti “alcol-free” in questi Stati e nel mondo intero è anche il problema dell’eccesso di alcol alla guida, affrontato con normative sempre più severe. Gli incidenti legati alla guida in stato di ebbrezza sono una delle principali cause di mortalità stradale e i Governi di molti Paesi stanno infatti adottando misure rigorose per contrastare il fenomeno, il quale non riguarda solo i giovani, ma anche i “meno giovani”.
E’ sempre più sentita la necessità di promuovere la sicurezza stradale, ma anche di effettuare campagne di sensibilizzazione per ridurre questo problema comportamentale legato al consumo eccessivo di alcolici; avvicinare le persone ad un’alternativa avvincente, parente prossima del vino tradizionale, rappresenterebbe una strada utile per perseguire questo obiettivo.
Ma come s’inserisce il concetto zero alcol in un Paese come l’Italia, dove il vino rappresenta non solo un modello di business ma anche un simbolo di consuetudine e memoria storica? I puristi del rispetto delle nostre secolari tradizioni probabilmente, di fronte a questa new entry, arricceranno il naso, ma è il caso di tranquillizzarli immediatamente. Vendere e produrre vino dealcolato non significa sostituire o evitare di vendere vino tradizionale, ma molto più semplicemente fornire un’alternativa, anche e soprattutto a target di consumatori differenti. Questa bevanda non deve essere vista come un ostacolo alla tradizione italiana del vino, anche perché questa nuova tipologia di bevanda nasce comunque dai nostri territori , dagli stessi vigneti e dalle stesse uve, ugualmente a quanto avviene per i vini tradizionali.
Per l’Italia l’inizio della produzione di questo prodotto rappresenta una grande opportunità, soprattutto per i produttori locali medio-piccoli, i quali, non essendo in grado di competere con i brand italiani più famosi, avrebbero in questo modo la possibilità di innovarsi e diversificare, continuando comunque ad esportare la forza del nostro “Made in Italy”, soddisfacendo al contempo la crescente domanda da parte del mercato mondiale. Last but not least, questo nuovo business potrebbe rappresentare una validissima opportunità per nuove Start Up, soprattutto per quelle promosse da giovani, alla continua ricerca di idee per competere in modo efficace in un contesto di mercati globali la cui asticella delle difficoltà si presenta sempre più elevata.