“Proposte di legge vs legge in vigore”: nelle ultime settimane è tornata in auge la querelle sull’acquisizione della cittadinanza italiana

Di: Andrea Panziera

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“Per ridurre gli squilibri demografici, una risposta razionale può essere l’introduzione di misure che favoriscano l’ingresso di lavoratori stranieri regolari. Su scala europea, le proiezioni demografiche indicano che nei prossimi decenni si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei Debiti pubblici. Per contrastare questi effetti, è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei paesi – tra cui l’Italia – dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Una nuova normativa sulla cittadinanza e sugli ingressi si rende quindi necessaria. Misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura. L’ingresso di immigrati regolari andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro”. Queste parole sono una parte importante del discorso del Governatore di Bankitalia Fabio Panetta in occasione del meeting di Rimini di CL. Le condivido una per una, così come condivido tutto il resto del suo articolato discorso sul Debito Pubblico, sul carico di interessi che oggi paghiamo ai detentori dei nostri Titoli di Stato, che in valore stanno superando le spese per l’Istruzione, sul corretto ed efficace utilizzo del PNRR per fortificare una crescita economica anemica, che mantiene un dato positivo solo grazie all’apporto del settore servizi, in primis quello turistico. I lettori sanno che nelle ultime settimane si è accesa una forte querelle sul c.d. “ius scholae”, soprattutto all’interno delle forze che compongono l’attuale maggioranza di Governo, ma probabilmente non tutti hanno ben presenti i termini della questione. Facciamo un po’ di chiarezza. Innanzitutto, quando si acquisisce diritto alla cittadinanza Italiana? Attualmente vige lo ius sanguinis, il diritto di sangue: la cittadinanza si trasmette da genitore a figlio, o si acquisisce al momento dell’adozione da parte di genitori italiani. Il figlio di stranieri nato in Italia può chiedere la nostra cittadinanza italiana presentando la domanda al compimento del 18° anno di età, ma non oltre il diciannovesimo e non è un passaggio automatico. Da anni si discute del riconoscimento dei minori stranieri nati nel nostro Paese e a tale proposito sono state presentate una serie di proposte di legge, quasi tutte mai approdate nelle aule parlamentari. Le più note sono lo Ius Soli e lo Ius Scholae. La prima propone di conferire la cittadinanza a chi nasce nel territorio italiano, cosi come accade in altri Stati, come ad esempio, negli USA ed in Canada, ma anche in Argentina e Brasile. Lo Ius Scholae invece riconoscerebbe questo diritto per i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro il 12° anno di età, che hanno vissuto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese e che abbiano completato almeno un ciclo di studi. La versione presentata dal centrosinistra proponeva la frequenza completa di un ciclo scolastico della durata di almeno 5 anni, quella attuale di Forza Italia alza questo periodo a 10. Non è certo un caso che la discussione su questo tema abbia ripreso vigore dopo le medaglie conquistate alle Olimpiadi di Parigi dagli atleti azzurri di seconda generazione, spesso di colore, che in molti casi cantavano a squarciagola l’Inno di Mameli. Così come non stupiscono le reazioni, a volte alquanto contraddittorie ma spesso debordanti il senso del ridicolo, che più o meno suonano così: “Si possono accettare i nuovi connazionali, anche se non presentano i caratteri tipici (?) della vera italianità, a patto che siano dei vincenti, nello sport così come in ogni altra attività”. Ma nell’ipotesi che sulla proposta dello “Ius Scholae allungato” vi fosse la convergenza anche delle forze di opposizione e venisse poi approvata dal Parlamento, quali sarebbero i numeri? Sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e partendo da una stima effettuata da Tuttoscuola, tenendo conto delle frequenze attuali, delle percentuali di dispersione e abbandono degli studenti, delle proiezioni sul numero delle classi e, al loro interno, della composizione degli studenti, i ragazzi che maturerebbero il diritto ad ottenere immediatamente la cittadinanza sarebbero circa 300.000, che diverrebbero poco meno di 600.000 dopo un quinquennio dall’entrata in vigore. La maggior parte di essi si trova nelle regioni del Nord, soprattutto Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; una discreta percentuale risiede nel Lazio, mentre al Sud i numeri sono di molto inferiori. Ma qual è l’opinione dei cittadini italiani? Secondo un’indagine di Youtrend, il 59% è favorevole allo Ius Scholae e lo stesso esito positivo viene fornito da Adnkronos, seppur con un dato leggermente inferiore. Nella quasi totalità dei Paesi europei, con la parziale esclusione di quelli del gruppo Visegrad, la normativa dell’iter sulla cittadinanza è generalmente più favorevole di quella italiana ed il numero di migranti in rapporto alla popolazione spesso superiore. Che questo tema costituisca una questione sensibile per l’attuale compagine di Governo è cosa risaputa: per amor di provocazione, sarebbe il caso di chiedersi quali sono le simpatie politiche di quegli imprenditori che, in totale spregio delle leggi vigenti e di qualsiasi remora morale, impiegano lavoratori irregolari pagandoli pochi euro l’ora, senza alcuna tutela e in condizioni di vita disumane. Ma forse, per scoprire le nudità del re (o sedicente tale), sarebbe sufficiente che l’opposizione accogliesse la proposta dello Ius Scholae allungato e ne chiedesse la discussione nelle aule parlamentari. A dispetto delle reiterate dichiarazioni di solidità strutturale, spesso gli edifici iniziano a sgretolarsi a partire dalle piccole brecce aperte dagli inquilini.