Il gol di Federico Di Marco contro il Frosinone: gesto pensato e voluto oppure frutto di un estemporaneo aiutino del fondo schiena?
Di: Andrea Panziera
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Da tre giorni nei giornali e nelle trasmissioni calcistiche non si parla d’altro: il gol di Federico Di Marco contro il Frosinone era voluto o frutto di un estemporaneo aiutino del fondo schiena del suddetto calciatore? Le immagini del tiro, partito da una distanza di quasi 60 metri, che si insacca alle spalle del portiere avversario, il quale rincula disperato senza potersi opporre in alcun modo alla sua parabola beffarda, hanno fatto il giro del mondo, riprese da tutti i media e riproposte nei notiziari sportivi più e più volte. Il diretto interessato, intervistato in diretta al termine dell’incontro, ha giurato che la prodezza era voluta: aveva intravvisto con la coda dell’occhio il portiere fuori dai pali ed ha cercato di batterlo con un tiro a palombella facendo affidamento sulla buona sorte. I giornalisti specializzati in vicende pedatorie, così come gli ex calciatori impiegati full time come opinionisti nei vari canali televisivi, hanno espresso pareri contrastanti; alcuni hanno condiviso, ritenendole veritiere, le parole pronunciate da Di Marco, mentre altri hanno ipotizzato che si trattasse di un cross, calibrato male, per un suo compagno che in quel momento correva nella parte opposta del campo. Per un caso fortuito, altresì detto fattore C, la traiettoria del traversone sbagliato sarebbe divenuta un tiro imparabile in quanto del tutto imprevedibile. Il movimento del piede del difensore nerazzurro e la postura del suo corpo, riprese da più angolazioni mentre calcia il pallone, non chiariscono i dubbi ed entrambe le interpretazioni appaiono legittime. Quel che è certo, qualunque sia la verità, è che le immagini ci consegnano un gol da cineteca, con la sfera che si insacca con precisione chirurgica solo qualche millimetro sotto la traversa, mentre il portiere arranca all’indietro disperato e finisce assieme alla palla in fondo al sacco. Uccellato, avrebbe detto il grande Gianni Brera, come i poveri volatili i quali, nel tentativo di fuggire, finiscono per essere preda delle reti dei cacciatori che, nel migliore dei casi, li useranno come strumenti di richiamo per i loro simili. All’estremo difensore del Frosinone, peraltro uno dei migliori della squadra laziale, non è rimasto altro da fare se non raccogliere sconsolato il pallone dal fondo della porta. Guardando Di Marco esultare sotto la curva interista a pochi metri di distanza da lui, probabilmente gli avrà sussurrato: “Ma proprio a me dovevi fare questo tiro mancino?”