Si apre la stagione degli utili che fa luce sulla redditività aziendale e sulla marginalità delle aziende americane quotate
Di: Fabio Michettoni
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Questa settimana si apre la stagione degli utili che fa luce sulla redditività aziendale e sulla marginalità delle aziende americane quotate, che potrà offrire agli investitori ulteriori indizi sullo stato dell’economia e sulle prospettive delle corporate americane.
Le più grandi banche nazionali hanno dato il via alla stagione venerdì e all’inizio della settimana si prevede che Bank of America e Goldman Sachs faranno lo stesso. Finora gli utili non sono stati così negativi, con i dirigenti che sembrano meno preoccupati per le condizioni macroeconomiche di quanto previsto.
Netflix e Tesla sono tra gli altri grandi nomi che presenteranno i loro bilanci questa settimana. Queste due aziende possono offrire una visione del quadro economico più ampio, ma anche loro hanno i loro problemi sul lato della domanda, cosa che gli investitori osserveranno con attenzione.
I guadagni saranno indubbiamente monitorati con la solita attenzione, ma questa volta, forse, saranno qualcosa di secondario, con una maggiore sensitività al sentiment del mercato.
La Federal Reserve e il suo aggressivo percorso di rialzo dei tassi d’interesse sono ancora molto importanti su questo fronte. I segnali concreti di un cambio di rotta della Fed restano per il momento sfuggenti, nonostante il mercato sia in attesa.
L’inaspettato rally di giovedì, dopo i dati sull’inflazione più caldi del previsto, dimostra che gli investitori sono ansiosi di partecipare agli acquisti quando il mercato azionario possa sembrare di aver toccato il fondo. Tuttavia, il venerdì, cioè appena il giorno dopo, ha riservato in borsa ribassi diffusi e significativi, sull’onda dal sondaggio dell’Università del Michigan riguardo il sentiment dei consumatori, che ha successivamente spinto i rendimenti dei Treasury ai massimi dal 2008.
È possibile che si verifichino altre false partenze prima che il mercato tocchi finalmente il suo minimo, ma a differenza delle altre volte, da un po’ di tempo a questa parte, sembra che una prima fetta di operatori, quelli istituzionali, vogliano approcciare il mercato con un mood differente. D’altro canto, sappiamo che gli istituzionali hanno livelli di liquidità record superiore anche al 2001.
Per concludere, il mercato sta iniziando a comportarsi come fa con i minimi. Prendiamo ad esempio l’enorme inversione di tendenza di giovedì. L’S&P 500 è sceso del 2,4% prima di finire in rialzo del 2,6%, un’oscillazione di cinque punti e dandogli una vesta quantitativa, questo fatto è successo solo altre nove volte dal 1983. Le oscillazioni selvagge sono spesso continuate: l’S&P 500 è sceso in media del 3,5% nei tre mesi successivi, ma è salito in media del 14,6% nei 12 mesi successivi. In definitiva, non sappiamo con certezza quando o dove si raggiungerà il fondo definitivo dell’equity, ma i movimenti violenti come quello di giovedì scorso e del contro movimento di venerdì, tendono a verificarsi più vicino ai minimi che ai massimi.
E poi ci sono altri riferimenti, altri parametri, che stanno iniziando a inviare messaggi simili. Venerdì il VLT, cioè l’indicatore Very Long Term Momentum, o VLT, ha raggiunto un livello di ipervenduto per la prima volta dal 2016.
Non si tratta ancora di un segnale d’acquisto, che avviene quando l’indicatore tende a risalire, ma significa che un segnale d’acquisto è ora matematicamente possibile e qui la pazienza è d’obbligo, perché questa condizione di ipervenduto a lungo termine dovrebbe aiutare gli investitori a premere il grilletto, quando sarà il momento.