Mariateresa Romeo, Esperta di cambiamenti organizzativi ed Executive Coach, da anni si occupa di consulenza per le risorse umane negli Stati Uniti
Di: Maria Mele
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Già a fine 2021 il Washington Post, commentando la “Great Resignation”, la definiva un fenomeno planetario. Secondo il quotidiano statunitense, la pandemia avrebbe fatto cambiare visione ad una moltitudine di lavoratori americani che non si sarebbero più accontentati di prospettive professionali migliori, ma avrebbero dato molta più importanza alla qualità della propria vita e del proprio tempo libero.
Ma come stanno veramente le cose? E quali sono le principali differenze di approccio, se ci sono, tra mondo del lavoro italiano e mondo del lavoro statunitense?
Abbiamo provato a chiederlo a Mariateresa Romeo, Esperta di cambiamenti organizzativi ed Executive Coach, italiana di nascita cultura ed educazione, ma statunitense di adozione, che dopo aver acquisito una vasta esperienza in Italia in consulenza aziendale in grandi aziende nazionali e multinazionali, da anni si occupa di consulenza per le risorse umane negli Stati Uniti e ha qui recentemente fondato la società Cometa Coaching.
Effettivamente la pandemia ha scoperchiato il vaso di pandora – ci riferisce Mariateresa Romeo – mai come in questo periodo mi sono trovata a dover gestire le richieste sempre più numerose di clienti, singoli e aziende, alle prese con tematiche di benessere aziendale e di work life balance.
Nella mia attività mi trovo a cavallo tra due universi professionali quello italiano, che conosco profondamente per averci mosso i miei primi passi, e quello statunitense nel quale opero ormai da più di 7 anni. In entrambi c’è richiesta di consulenza per il supporto organizzativo, l’engagement dei dipendenti e il loro benessere in azienda.
Uno dei pilastri fondamentali dell’employee engagement è la fiducia che consiste nel fidarsi (dei capi, dei colleghi e dell’organizzazione in quanto sistema di cui si fa parte) e nel percepire di godere a nostra volta della fiducia da parte degli altri.
Alla fiducia si aggiungono anche processi di comunicazione interna efficaci (basati sul feedback, il riconoscimento sulla base delle performance, e l’apprezzamento del valore della persona a prescindere dal ruolo o dalle performance) e la condivisione del valore e del senso di scopo.
Per le generazioni più giovani, ma non solo, è sempre più importante lavorare per delle società di cui condividano l’etica, l’attenzione per la salvaguardia dell’ambiente o le policy in materia di diversità equità e inclusione.
Da tutto questo scaturisce la capacità dell’organizzazione di attrarre e trattenere i talenti, creare un ambiente di lavoro favorevole, e generare impegno e senso di responsabilità a tutti i livelli dell’organizzazione stessa.
In questo i due universi non sono molto dissimili, discorso diverso quando mi rivolgo ai singoli clienti con piani di coaching necessariamente specifici.
Quali sono le maggiori differenze che hai riscontrato?
Semplificando al massimo si potrebbe dire che il cliente americano è più pragmatico, la sua richiesta di supporto è di breve periodo – un colloquio da affrontare, una controversia spinosa da risolvere – definirei la sua una richiesta “tattica”, la ricerca della soluzione più economica e più efficiente ad un problema dato; il cliente italiano chiede invece un supporto più di ampio respiro, più “strategico”, potremmo dire; la sua richiesta verte maggiormente su di un aiuto per cogliere meglio il contesto, la visione di lungo periodo.
Ma è soprattutto nel rapporto con la risorsa tempo che si evidenziano le maggiori differenze. Il mondo statunitense ha un concetto di puntualità, rispetto dei tempi, molto efficace; c’è un’ottima capacità di organizzare le giornate lavorative e massimo rispetto del valore del tempo speso sul luogo di lavoro. Si riscontra tuttavia una reale difficoltà nel godere del tempo libero che in modo così efficiente è stato risparmiato. Non a caso negli Stati Uniti capita spesso che le aziende debbano periodicamente ricordare ai propri dipendenti di prendere le ferie previste dal contratto, onde evitare di perderle!
La cultura italiana ha una visione più flessibile del tempo, che purtroppo a volte viene fraintesa, ma lo considera come un valore in sé; lo sa gestire indipendentemente se speso a lavoro o per le proprie attività personali.
Al di là dell’aspetto linguistico ciò che aiuta tanti nostri connazionali a superare le difficoltà di comunicazione e di integrazione con il mondo statunitense è proprio imparare a comprendere queste differenze culturali.
Cosa caratterizza Cometa Coaching, la società di coaching che hai fondato recentemente?
Cometa Coaching ha caratteristiche uniche in quanto mette insieme diverse tecniche e metodologie di coaching.
Io sono certificata in intelligenza emotiva, programmazione neurolinguistica e coaching ontologico, e queste mie competenze mi consentono di mixare e utilizzare lo strumento giusto in base alle peculiarità e alle individualità dei miei clienti.
Il coaching è un lavoro artigianale, devi cucire un vestito addosso al tuo cliente, come servirsi in una boutique di alta moda!
Credo fortemente nell’unicità delle persone. Il bello del mio lavoro è che posso affrontare uno stesso argomento, ad esempio la gestione del tempo di cui parlavamo prima, con più clienti, e il modo in cui lavorerò con ciascuno di essi sarà sempre differente.
Il mio ruolo, come coach, non è quello di dare risposte o consigli su come affrontare i problemi, i miei clienti hanno la propria capacità di decidere il da farsi, piuttosto devo fornire feedback, mettere in discussione i loro punti di vista, aiutarli a vedere le cose da una prospettiva differente, generare un cambiamento.
Avere alle spalle più di 20 anni di esperienza in ambito aziendale mi consente di parlare lo stesso linguaggio dei professionisti che si rivolgono a me, di essere sulla stessa lunghezza d’onda e comprendere più facilmente le loro difficoltà, in una parola vestire i loro panni, con maggiore facilità.
Cometa Coaching ha naturalmente lo scopo di supportare percorsi di crescita professionale, ma anche quello di costruire un ponte, facilitare l’integrazione di professionisti provenienti da culture diverse. Si rivolge sia a singoli individui che vogliono capitalizzare le esperienze professionali in ambito internazionale, per accrescere le proprie competenze comunicative e manageriali, sia ad aziende che intendono promuovere l’inclusione e trarre valore dalle diversità culturali.
Credo che chiunque provenga dall’Italia e si avvicini agli Stati Uniti e viceversa, per intraprendere un’attività, abbia necessità di trovare qualcuno che possa aiutarlo a tradurre i diversi atteggiamenti e comportamenti, non sempre codificati in ambito professionale, e pertanto di non facile comprensione.
In questo senso la mia è una storia di successo, perché sono riuscita a far tesoro e a mettere a frutto tutto quello che di buono ho appreso da entrambe le culture professionali.
Articolo originale su Excellence Magazine Luxury