Il mercato azionario è “vulnerabile alle buone notizie” ed è possibile che possa sviluppare un rally del 10/12% prima di nuovi affondi ribassisti

Di: Fabio Michettoni

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Il mercato azionario è “vulnerabile alle buone notizie” ed è possibile che possa sviluppare un rally del 10/12% prima di nuovi affondi ribassisti. Questo perché in un clima negativo sempre più saturo, alle soglie di un mercato ORSO acclarato, la positività tende sempre ad essere sovraesposta.Certo, l’ottimismo è merce rara di questi tempi, con l’economia statunitense in rallentamento, il COVID che non molla la presa in Cina e la guerra tra Russia e Ucraina. Così, sulle soglie del baratro, gli investitori sono comprensibilmente combattuti tra l’acquisto del ribasso e la vendita degli strappi rialzisti.Ciò, però, non significa che alcuni titoli azionari o settori, non stiano dando una opportunità alla chiamata di un minimo.Le idee positive fondano sull’assunto di poter, entro breve, intercettare un picco dell’inflazione che, in combinato disposto con un rientro dei prezzi delle materie prime “core”, oltreché con i portafogli istituzionali sottopesati sull’equity e con un soft landing dell’economia piuttosto che l’andare incontro ad una recessione, potrebbe anche generare un rally a due cifre. Quest’eventualità è contemplata anche da parametri tecnico-quantitativi, (che commenteremo nel complesso la prossima settimana) che coglierebbero di sorpresa parecchi “esperti”.Quindi un mercato particolarmente stressato e su valori eccessivamente compresso sul BID, risulterebbe particolarmente sensibile alle buone notizie.Un catalizzatore preciso non è sempre facile da identificare, ma sembra che l’inflazione stia passando il suo momento peggiore e che i mercati dei tassi stiano stazionando su valori estremi, confidando sul fatto che gli scenari più incisivi della Fed siano stati rimossi.Si prospetterebbe, quindi, un rally teso a normalizzare gli eccessi di un ribasso che perdura da sette settimane e che potrebbe riflettere l’opinione che i principali indici azionari abbiano superato la fase peggiore. Un rimbalzo che potrebbe modificare il rapporto rischio rendimento, senza comunque alterarne l’idea di fondo che è e resta a lettura ribassistaPassando ad elencare i numeri a supporto di questa opinione, va detto che i drow down dell’S&P500 a 2 anni, con pullback del 20%, non solo non sono inediti, ma sono anche possibili al di fuori di grandi flessioni economiche. Per cui è lecito pensare che i mercati azionari, avendo soddisfatto pienamente le condizioni implicite di un mercato ORSO di carattere ciclico, prezzino attualmente una recessione con una probabilità dell’80%. In conclusione, il danno alla struttura del mercato è già stato fatto ed essere più ribassisti oggi, rispetto a sei mesi fa, sarebbe inopportuno, anche se la correzione sembra ancora in corso. Strutturalmente, anche il Nasdaq100 potrebbe essere maturo per una reazione, essendo sceso per sette settimane consecutive ed aver perso oltre il 20%, quantificando una flessione del 50% di tutta la campata rialzista sviluppata dai minimi di marzo 2020 (post COVID) e con un repricing sulla media di valutazione pre COVID.Anche in termini di MAGNITUDO, la narrativa espressa dai media riguardo mercati ORSO particolarmente aggressivi per una secca perdita di momentum, pur essendo riluttanti nell’affidarsi ad un semplice rafforzamento del sentiment, si osserva che negli ultimi 30 anni, atteggiamenti ribassisti come quest’ultimo, hanno portato a un aumento dei prezzi delle azioni nelle successive quattro/sei settimane.Per inciso, la misura del sentiment è determinata attraverso le autorevoli comunicazioni diffuse da Investors Intelligence e dall’American Association of Individual Investors, normalizzati su periodi di due anni. Ovviamente si potrebbero avere delle letture sovrastimate e fallaci per periodi più brevi, ma la probabilità di un rimbalzo di quattro/sei settimane offerta dall’analisi di una serie storica di 30 anni e normalizzata su due anni, è difficile da controbattere.Un’altra prova del fatto che ci troviamo di fronte a un punto di svolta, emerge da un report di Bank of America, dove si evince che i gestori di fondi sono con i saldi di cassa più alti degli ultimi 20 anni e che avrebbero venduto oltre il 50% dei portafogli montati nel biennio 2020-2021.Alla chiamata di questo scenario, mancherebbe la capitolazione dei traders, di fatto non ancora avvenuta per la tenuta del settore energy e utilities, ma che comunque resterebbe difficile da collocare strutturalmente e potrebbe, al limite, nemmeno manifestarsi, proprio per un implicito sostegno del denaro istituzionale e per una sorta di soft landing controllato dalla FED, che ha puntato le sue strategie sull’indicatore più ritardatario di tutti, quello dell’inflazione.