Un intimo locale al civico 241 di Viale della Pace, a Vicenza
Di: Chiara Tomasella
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Entrando al Regina, il benvenuto è di famiglia: l’accoglienza di rito è un ampio sorriso, e accomodarsi al tavolo non può che essere un piacere. Dalla travatura del soffitto scendono cascatelle verdeggianti di piante ornamentali, da dove la luce dei neon filtra lungo la muratura in pietra viva, per poi raggiungere il menu e i commensali.
«Christian, ti va di raccontarci un po’ di te? Da dov’è nata la tua passione per la cucina?»
Quando ancora frequentavo l’istituto magistrale, io e una mia compagna di classe ci fermavamo al Garibaldi prima di andare a prendere ripetizioni: all’epoca, i suoi genitori erano i proprietari del ristorante, per cui potevamo salire a pranzo e assistere al lavorio dei cuochi. Per me, era magia: non avevo ancora una mia vocazione, ma osservavo con attenzione tutto quello che succedeva in cucina, dietro le quinte. Il desiderio di imparare quella professione è nato così.
Una volta terminato il servizio militare, mi sono iscritto ai primi corsi base, e da allora non ho mai smesso di imparare: ho lavorato a lungo come dipendente, per esempio per sette anni sono stato alla Trattoria Al Moraro, costruendomi pian piano il mio percorso.
«Da quanto tempo hai preso in gestione il Regina?»
Da circa due anni a questa parte, più o meno dall’inizio della pandemia: purtroppo, non la circostanza più rosea in cui avviare un nuovo capitolo di vita. Dopo il periodo iniziale, più duro, ci siamo adattati a offrire un servizio di delivery e manteniamo tutt’ora il take away, a cui ormai alcuni clienti si sono abituati. È stata una sfida adattare i nostri piatti all’asporto: una vaschetta di alluminio cambia il sapore delle pietanze oltre al loro aspetto, e un servizio di consegna a domicilio non è paragonabile alla consumazione sul posto.
Ora le cose vanno meglio, per fortuna, e la sera ricevo le prime ordinazioni già dalle 17.30, soprattutto dalla clientela americana.
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«La caserma statunitense Carlo Ederle dista appena trecento metri, dopotutto: adatti i tuoi piatti ai gusti d’oltreoceano oppure ti attieni alla tradizione?»
La cosa più importante per me è soddisfare il cliente, senza però tradire l’italianità dei piatti. Alcuni americani sono ben disposti verso i sapori del Bel Paese, mentre altri rimangono affezionati ai menu “made in USA”. Dopo un po’ di tempo, l’istinto t’insegna a capire che cosa proporre, in modo tale da incontrare le aspettative di chi si siede a tavola, facendogli anche scoprire qualcosa di nuovo.
«Ti sono capitate richieste particolarmente strane?»
Oh, sì. Poco tempo fa qualcuno ha domandato una parmigiana preparata con il petto di pollo. Oppure, ricordo ancora un’occasione in cui una gentilissima signora ha chiesto degli gnocchi alla sorrentina… Senza pomodoro. Quando capita, cerco di spiegare come mai non posso preparare quello che mi viene chiesto, eventualmente consigliando al cliente un’alternativa: il dialogo è comunque lo strumento migliore per far capire che si è interessati a fare del proprio meglio per offrire un buon pranzo o una buona cena a chi sceglie di mangiare fuori casa.
«È stato difficile scegliere cosa inserire nel primissimo menu che hai proposto?»
All’inizio ho conservato le proposte della precedente gestione, ma ovviamente il nome di un piatto non basta a farne il sapore. Sono importanti anche le mani di chi cucina, e direi anche il cuore. Ho dato la mia impronta alle varie pietanze, modificando man mano l’offerta: a chi venisse qui per la prima volta, consiglierei di assaggiare le mie braciole di vitello, o comunque un secondo di carne. Sono convinto che verrebbe apprezzata la qualità della materia prima, che cerco di alterare il meno possibile: a volte, la genuinità di un ingrediente va preservata perché il suo sapore si riveli al meglio, senza torturarla con aggiunte non necessarie.
«Un’ultima domanda, per lasciare qualcosa da gustare ai nostri lettori: non è inserita nel menu, ma so che spesso insieme al coperto chi ama il piccante chiede una certa salsina…»
Non è assolutamente un segreto, anzi. Per prepararla basta tritare insieme olive, peperoncini, pomodori secchi all’occorrenza, e il mix è pronto da accompagnare con una fetta di pane! Secondo me, nessun cuoco dovrebbe tenere per sé le proprie invenzioni: il mangiar bene appartiene a tutti.
Con una media di recensioni di 4.6/5 stelle su Google Maps e 4.5/5 stelle su Tripadvisor, il Regina è un locale apprezzato dalla sua clientela, sia per la qualità della cucina che per la cordialità del personale: il menu accoglie americani e italiani con la medesima selezione di pietanze e con lo stesso gioviale buonumore.
Aperto a pranzo (tranne il sabato) e a cena tutti i giorni della settimana salvo la domenica, è il luogo ideale per stare in famiglia, con un ristretto numero di invitati; proprio in virtù delle piccole dimensioni della sala, è consigliato prenotare il proprio posto a tavola, per essere sicuri di riuscire a trovarlo libero all’orario desiderato.
Non vi resta che provarlo in prima persona!