Una “Crocifissione” inedita di Sergio Pasetto nella Chiesa di San Giorgio, Verona. Lo scultore veronese semina da decenni grande arte, personificando la storia e fede
Di: Pierantonio Braggio
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L’opera – quattordici formelle, in bronzo, quante sono, cioè, le stazioni della Via Crucis – si
presenta finalmente ed ufficialmente al pubblico, dopo vent’anni, per così dire, di automaturazione
e di riflessione, da parte dell’Artista. Il quale, ancora una volta, in tal modo, presenta un suo nuovo
lavoro, dalle caratteristiche eccezionali, lavoro, che se sarebbe stato ammirato, nel 2001, anno del
suo compimento, merita ancora di più, d’esserlo oggi, perché lo stesso permette confronti di stile e
di fattura, rendendo l’osservazione dell’opera più che interessante.
Risale a due decenni orsono
anche l’illustratissimo catalogo, che avrebbe dovuto accompagnare l’opera, nel 2001, e ora
disponibile, presso la mostra, ospitata nella Chiesa di San Giorgio in Braida, ai piedi dell’altare, che
presenta la grande, splendida pala del veronese Felice Riccio Brusasorci (1516-1567), raffigurante
la Vergine e gli Arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele.
L’esposizione è data, come citato, da
quattordici formelle, dalla riproduzione di due tele, ciascuna delle quali, nella loro realtà, misura 2
m x 1,50 – una Pietà ed una Resurrezione – sempre dello scultore Pasetto, non meno eccellente, in
fatto di pennello…, realizzate, a suo tempo, in contemporanea con le formelle, custodite, per così
dire, ora, da una grande statua dell’Arcangelo Gabriele, posta a destra delle stesse.
Un Via Crucis, è
quella, che, ora, possiamo ammirare in San Giorgio, ideata, nel suo materiale, durante le fasi di
realizzazione, in base a forti sentimenti, di giustizia e di pietà, provati dall’Autore. Il quale,
interpellato, da visitatori dell’esposizione, sul perché di un volto, più che profondamente triste e
provatissimo di un Gesù Cristo, pesantemente e crudelmente oppresso, dal tremendo peso della
croce, ha sottolineato, come egli abbia voluto evidenziare non solo il dolore d’un Innocente, ma, al tempo, anche l’umiliazione materiale e morale – peggiore di quella creata dalla corona di spine –
cui fu ingiustamente sottoposto il Figlio di Dio, che, Dio egli stesso, predicava unicamente
fratellanza e pace.
Bene e perfettamente aveva capito lo stato d’animo dell’Artista all’opera, mons.
Alberto Piazzi, allora prefetto della Biblioteca Capitolare di Verona, quando redasse il testo di
presentazione della Via Crucis in tema, Via Crucis, poi, mai esposta, il quale, così si espresse:”
L’Autore trasmette, con efficacia, quelle emozioni, che l’anno coinvolto ed ispirato, nel
contemplare le vicende dolorose e drammatiche del Cristo, che soffre e che muore. Il segno rapido,
le figure scavate, la composizione essenziale, i tratti e le espressioni dei volti dolenti, talvolta,
tragici, rivelano una forte partecipazione emotiva alla scena rappresentata, che l’Artista ha saputo e
voluto modellare, magistralmente, sulla creta e tradurre nel bronzo.
La dignità formale s’avverte in
tutte e quattordici le stazioni, ma assume connotazioni e valore del tutto particolari, in alcune di
esse, là, dove, il dialogo muto, tra i personaggi, si fa concitato e vivo e il dolore, soprattutto, delle
figure femminili, attinge espressioni d’angosciosa immedesimazione, con il patire crudele di Colui,
che è santo ed innocente. Pasetto, oltre che dare il meglio di se stesso, nella creazione di queste
formelle, ha inteso pure d’offrire momenti di contemplazione e di preghiera a quanti si accingono
ad intraprendere l’antico esercizio della Via Crucis, che, dal momento dell’ingiusta condanna di
Pilato, fino all’atto finale della reposizione nel sepolcro, ripropone, insieme al grande mistero
dell’Incarnazione e della Redenzione, anche quel percorso di sofferenze, che ha contrassegnato,
lungo i secoli, il destino dell’umanità”.
Determinante e bella l’iniziativa della descritta esposizione
in San Giorgio in Braida, la quale, se è di grande soddisfazione anche per il Parroco, don Giorgio
Sembenini, permette di meglio conoscere l’arte di Pasetto, confermandone, nelle sue opere, grande
adesione al quel naturale, a quella realtà, che danno vita alle persone e al quadro, del quale, le stesse
sono parte.