“Hikikomori” significa “stare in disparte”, un termine che si rifà a un fenomeno nato in Giappone e successivamente diffusosi anche in Italia

Di: Giovanni Pasquali

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Hikikomori è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato in gergo per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno 

– Tratto dal sito ufficiale de Hikikomoriitalia, “La prima associazione nazionale italiana che offre informazione e supporto sul tema dell’isolamento sociale volontario”

L’origine e lo sviluppo del fenomeno

Data la denominazione, si tratta di un fenomeno che ha avuto origine in Giappone, ma che ha trovato sviluppo anche in moltissimi altri Paesi. L’Italia non ne è esente: vi si contano ormai circa 100mila casi. Sono perlopiù ragazzi, adolescenti, ma anche più grandi, fino ad arrivare ai 30enni.

Alla stregua di vicissitudini sanitarie e non, dopo un anno di intervalli di isolamento forzato e sprazzi di libertà, ci troviamo di fronte a un’aggravante che impedisce un possibile contatto col mondo esterno.

Il conio del termine risale al 1998 e si deve allo psicologo giapponese Tamaki Saito, il quale ha asserito che il fenomeno è molto diverso nel Paese del Sol Levante rispetto ad altre ubicazioni. Gli psicologi italiani sono d’accordo: la differenza si ritroverebbe nelle radici culturali.

La famiglia giapponese è molto legata agli affetti, alla solidarietà all’interno del nucleo; questo comporta una maggiore propensione a tale scelta da parte dei ragazzi, che, sentendosi a disagio fuori, si estraniano da tutto e tutti. Ritrovano nella loro stanza una comfort-zone, insomma, uno spazio per loro sempre più intimo, un nido nel quale sentirsi al sicuro.

Le possibili cause e le conseguenze

Vi sono diversi tipi di cause che posso instaurare negli hikikomori la scelta di isolarsi. In primis, cause caratteriali, dalle quali si evince la loro forte sensibilità; quindi, cause familiari, come percepire la lontananza di uno dei genitori oppure, specularmente, sentirne in maniera eccessiva l’attaccamento; infine, ultime ma non ultime, le cause scolastiche, non solo legate all’andamento che, se negativo, provoca loro sconforto, ma aventi anche una natura trasversale. Questo tipo è inevitabilmente collegato a fenomeni di bullismo o di esclusione.

Subendo una causa specifica, o più cause agglomerate, i ragazzi perdono la fiducia in se stessi e decidono di prevenire ulteriori sofferenze per mano di terzi. Restando tutto il giorno in camera, preferiscono una conversazione propriamente virtuale, possibile con l’incremento di applicazioni e/o programmi ad uso telematico. Tuttavia, l’errore da non commettere è considerare l’uso eccessivo di Internet come una causa di tale condizione: la dipendenza da Internet sorge solo dopo, e come tale risulta plausibilmente una conseguenza.