In rete, sui giornali e alla televisione si parla solo di Covid-19. E le altre malattie? Sembrano scomparse dal panorama italiano, ma le realtà è ben diversa

Di: Samuela Piccoli

LEGGI ANCHE: Vaccino anti-Covid: cosa pensano le persone?

Un intero paese della provincia di Verona in lutto per la perdita di due padri di famiglia, due uomini di 51 e 53 anni, morti per infarto nelle ultime settimane. Due persone amate e ben inserite nella comunità in cui sono cresciuti e hanno trascorso tutta la vita. Lasciano un vuoto enorme in un paese che rimane incredulo e cerca risposte per queste morti premature. Si dice che la mortalità in Italia sia aumentata notevolmente, ma siamo sicuri che i decessi siano tutti esclusivamente causati dalla pandemia? O, forse, si devono anche al calo dei monitoraggi di patologie ben più mortali del Covid-19 stesso?

Mortalità per infarto

Cr. ph. Gvmnet.it

Secondo uno studio condotto dalla Società Italiana di Cardiologia (SIC) effettuato in 54 ospedali e riportato dall’agenzia AGI, in Italia la mortalità per infarto è triplicata nel 2020 rispetto alle statistiche dell’anno precedente. La ricerca, illustrata da Ciro Indolfi, Ordinario di Cardiologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, evidenzia come i casi di morte per infarto siano passati dal 4,1% al 13.7% rispetto allo stesso periodo del 2019. Tutto ciò a causa della mancanza di cure (la riduzione dei ricoveri è stata ben del 60%) o dei ritardi causati dalla paura del contagio.

Gli esperti avvertono: abbassare la guardia sulle malattie cardiovascolari, responsabili di 260 mila decessi ogni anno, e non ricostruire la rete dell’emergenza cardiologica potrebbero causare più morti che per Covid-19. Secondo Indolfi,

“l’attenzione della Sanità su SARS-COV-2 e la paura del contagio rischiano di vanificare i risultati ottenuti in Italia con le terapie più innovative per l’infarto e gli sforzi per la prevenzione degli ultimi 20 anni. L’organizzazione degli ospedali e del 118, nella prima fase della pandemia, è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19-continua il dott. Adinolfi-e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi e per timore del contagio i pazienti ritardano l’accesso e arrivano in condizioni sempre più gravi. Ora che è passata questa prima fase avremo più morti per infarto che per Covid-19.”

Malattie non trasmissibili

Le malattie non trasmissibili rappresentano 7 delle 10 principali cause di morte al mondo e registrano un forte aumento rispetto a due decenni fa. Tedros Adhanom Gebreyesus, Direttore generale dell’OMS, sottolinea come queste nuove stime rendano necessaria un’assistenza sanitaria primaria forte per combattere tali patologie e la pandemia di Coronavirus. Le malattie cardiache, quindi, già dal 2019 rimangono la principale causa di morte a livello globale. È quanto emerge da uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Covid e la SIR (Società Italiana di Reumatologia)

A causa della seconda ondata di Coronavirus, alcuni reparti di reumatologia sono stati convertiti in strutture per l’assistenza di malati colpiti da Covid-19. “Questo, ovviamente, avrà ripercussioni sulla riduzione delle prestazioni diagnostiche e di monitoraggio. Ci sarà una diminuzione dell’attenzione nei confronti di patologie molto pericolose, come le malattie reumatologiche, e dei malati reumatici, che sono pazienti particolarmente fragili e immunodepressi”.

Il Dott. Luigi Sinigaglia, Presidente nazionale della SIR, comprendendo il delicato momento che sta attraversando il sistema sanitario nazionale, si dice pronto a collaborare per fronteggiare il brusco aumento dei contagi. Tuttavia, nello tesso tempo si definisce preoccupato per i suoi pazienti, che nella scorsa ondata hanno riscontrato grosse difficoltà di accesso alle cure e alle strutture sanitarie. Secondo il suo parere, si rischiano mancate nuove diagnosi e ritardi nella scoperta di nuove malattie, tra cui artropatie infiammatorie croniche, connettiviti e vasculiti.

Per i malati già in cura, la conversione dei reparti o la paura dei contagi determinerà un calo delle visite di monitoraggio e per la dispensazione delle terapie. Si cerca di ovviare al problema facendo controlli da remoto, avviando una piattaforma informatica online per entrare in contatto con i pazienti e per sorvegliare l’aderenza terapeutica.

La depressione

Cr. ph. La Stampa

La OMS lancia un allarme anche per quanto riguarda le malattie mentali. Nel 2021, dopo le malattie cardiovascolari, la più diffusa al mondo sarà la depressione. Come riportato dall’agenzia AGI, la salute mentale sta pagando un prezzo altissimo alla pandemia. I sintomi depressivi nella popolazione sono quintuplicati; quelli gravi, addirittura, sono aumentati più di sette volte in pochi mesi.

A dimostrarlo sono i più recenti studi scientifici italiani e internazionali, i quali sanciscono un incremento dei disturbi sia nelle persone già affette da una malattia mentale sia in chi è stato contagiato dal Coronavirus sia nella popolazione in generale. I primi dati sulla popolazione sono molto significativi: il 32% manifesta sintomi depressivi e si stima che, nei prossimi mesi, in Italia ci saranno 150 mila casi di depressione in più.

L’impoverimento, la crisi economica, la disoccupazione crescente, l’isolamento sociale, la paura del contagio e, non ultimo, l’aver perso un proprio caro a causa del virus sono i maggiori fattori riscontrati per lo scatenarsi di questa malattia. Si è inoltre verificato un aumento dei rischi suicidari legato sì agli elementi precedentemente citati, ma anche all’aumento del consumo di alcol e delle violenze domestiche (cresciute durante il confinamento in casa), alla restrizione delle libertà personali, allo stress e al burnout (per gli operatori sanitari). Ultimo ma non ultimo, non bisogna scordare il ruolo della comunicazione mediatica, rea di aver contribuito ulteriormente alla crescita di paura e stress.

La pandemia passerà…

Ogni piccolo anfratto della nostra mente è completamente riempito dalla parola Covid-19. Una cosa è certa, però: la pandemia passerà. Come dimostrato da quelle avvenute tempo addietro, del resto. Ciononostante, le malattie gravi rimarranno. La paura del virus non deve quindi oscurare la nostra capacità di giudizio: attenzione e rispetto delle regole sì, rinunciare a vivere anche no.