Lungo, corto, macchiato, schiumato, caldo o freddo: parliamo del caffè, la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua
Di: Mariapia De Carli
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Lungo, corto, macchiato, schiumato oppure corretto, caldo o freddo, con la panna o con il gelato. Ce n’è davvero per tutti i gusti. Del resto, stiamo parlando del caffè, la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua. E la più amata dagli italiani. Perché, anche se a detenere il primato europeo del consumo è la Finlandia, i veri appassionati e intenditori siamo proprio noi.
Lo confermano i dati presentati di recente dal Consorzio espresso italiano tradizionale. In Italia, i consumi annuali pro capite di caffè nel 2018 sono stati di 5,9kg, in aumento del 5,3% rispetto al 2017. Il prodotto crea dunque occupazione: è infatti frutto del lavoro di oltre 800 torrefazioni e 7000 addetti. I consumi la dicono lunga sulle tendenze. Il 95% dei consumatori lo beve abitualmente, gustandolo tra le mura domestiche (92%) o al bar (72%). Il 77% lo preferisce appena sveglio e il 58% dice di averne bisogno per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata. Per molti è un momento di relax (53%), per altri un piacere (47%) e per qualcuno rappresenta un vero e proprio rito da celebrare in compagnia (37%).
Per tutti poi è anche un linguaggio condiviso nella vita di tutti i giorni: “Vieni da me per un caffè?” oppure “Ne parliamo dopo il coffee break”. Insomma, dalla sveglia mattutina alla sosta lavorativa, come pure nei luoghi di intrattenimento, il rito del caffè è ormai un’abitudine che crea socialità. Mette in relazione due o più persone, colleghi, amici, familiari, genera uguaglianza grazie al costo limitato, a portata di quasi tutte le tasche, accomuna i nostri connazionali all’estero.
Caffè, un Patrimonio dell’umanità
Quando parliamo di caffè italiano, ci riferiamo inevitabilmente al caffè espresso, il prediletto in assoluto. Un caffè che è sinonimo di cultura italiana, tanto che il nostro è il terzo Paese al mondo, dopo la Germania e il Belgio, per volume di esportazione. Forza dei numeri e della tradizione che hanno spinto il Consorzio a presentare lo scorso autunno la candidatura dell’espresso italiano a Patrimonio immateriale dell’umanità. Per diventare tale non è sufficiente che un prodotto sia speciale, sebbene il nostro espresso preparato nei bar italiani a regola d’arte lo sia senza dubbio; è essenziale che abbia un impatto sulla vita delle persone. E tutti conoscono il valore storico del caffè italiano, oltre a quello sociale. Senza contare che attorno a un chicco di caffè è nata un’occasione di lavoro per tante persone e intere generazioni.
Attualmente, la qualità del caffè italiano viene “certificata” dal Primo Disciplinare del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, sviluppato insieme al Comitato italiano del Caffè e all’Inei, Istituto nazionale espresso italiano. Perché, se è vero che la variazioni sulla bevanda sono infinite, il caffè espresso è uno solo e per prepararlo in maniera corretta occorre seguire alcune semplici regole.
Per esempio, bisogna usare unicamente il caffè in grani macinati al momento per evitare che perda gran parte dei suoi aromi. Se sentiamo la necessità di aggiungere molto zucchero, significa che il caffè non è stato preparato correttamente. Oppure che non è stato usato un prodotto di qualità. È poi necessario servire il contenuto in una tazzina preferibilmente di porcellana, tra i 13 e 26 grammi, a una temperatura tra 90° e 96°. Infine, l’espresso italiano non può essere considerato tale se non si presenta con la crema uniforme e persistente per almeno 120 secondi dal termine di erogazione della bevanda non rimescolata.