Il clima di odio si sta sempre più diffondendo nel nostro Paese. Tra negazione della Storia ed eccessivo giustificazionismo, i social lo nutrono e la politica lo sfrutta. È questa la pericolosissima deriva verso cui vogliamo avviarci?
Di: Andrea Panziera
Vedi il precedente: Post it – Banche impopolari
Pongo ai lettori una semplice domanda: trovate ancora sopportabile il clima di odio che si sta sempre più diffondendo, inesorabile e all’apparenza inarrestabile, nel nostro Paese? Personalmente ne sono nauseato, ma temo che ci si sia avviati verso una deriva pericolosissima ormai difficile da arginare.
Una parte non marginale degli italiani considera le frasi razziste, antisemite, xenofobe e sessiste una libera espressione del pensiero. Si nega la Storia, arrivando a ritenere l’Olocausto una pura invenzione. Si giustificano addirittura manifestazioni di vero e proprio squadrismo in quanto reazione un po’ esuberante di una giusta collera popolare.
Una manifestazione quotidiana
I social, ancora una volta, svolgono il ruolo di nefasto moltiplicatore di questo abbruttimento, veicolando bufale e idiozie a getto continuo. Chiamare qualcuno “sporco ebreo” è diventato quasi un vanto, in nome di una pseudo-rivolta patriottica contro i poteri forti del mondo della finanza, per assioma in mano alla lobby sionista.
Dare della “meretrice negra” a una donna semplicemente perché marocchina o tunisina non è annoverato fra i gesti riprovevoli; è una legittima difesa contro l’invadenza economica perpetrata dagli immigrati. Nondimeno, non ci si ferma sempre e solo all’insulto verbale. Talvolta le si distrugge l’esercizio pubblico che gestisce, perché non si tollera che un extracomunitario, per di più femmina, prenda in affitto il bar del paese.
Sputare addosso a uomini, donne, ragazzi e ragazze di origine cinese, accusandoli di essere gli untori che ci ammorbano con il coronavirus, viene lodato come un esempio di autodifesa da imitare. E, magari, questi neppure hanno mai messo piede nella terra dei loro nonni o genitori.
Lucro politico: sfruttare l’odio
Il confine fra la sacrosanta preoccupazione per la nostra salute e la violenza verbale che trascende in aggressione fisica è diventato talmente labile da bandire qualsiasi residuo di razionalità. La società nel suo complesso si è incarognita, da qualsiasi parte la si guardi. Soffiare sul fuoco mai spento delle nostre paure palesi o recondite è diventata un’attività molto lucrosa in termini politici. Altrettanto lo è trovare e additare alla pubblica esecrazione un nemico responsabile dei nostri problemi e del nostro disagio. Di fatto, nulla è più redditizio, da un punto di vista elettorale, che atteggiarsi a difensore di tutte le possibili minacce, poco importa se vere o inverosimili. Bando a ogni scrupolo, quindi: l’importante è il risultato ultimo, ovvero l’accrescimento del consenso.
Tutti concordano sull’efficacia di questa strategia, in primis gli esperti che segnalano veri e propri mutamenti antropologici in atto anche fra persone che si definiscono democratiche. Duole dirlo, ma a forza di minimizzare comportamenti che incitano all’odio razziale, religioso o sessuale, si rischia di accettare l’abuso dei principi liberali che stanno alla base della civile convivenza nella nostra società. E non può essere addotto a parziale giustificazione il fatto che alcune convinzioni trovino accoglienza anche in persone di orientamenti politici assai differenti, se non contrapposti. L’imbecille rimane tale a prescindere se sia nero, bianco o color vermiglio.