di Andrea Panziera.
Mentre scrivo, la più balneare crisi di governo della Repubblica Italiana sta forse giungendo al suo epilogo, anche se, vista la modesta caratura di alcuni dei protagonisti, non escluderei del tutto qualche colpo di scena dell’ultimo minuto. Come sempre ci asterremo dall’attribuire pagelle, dal parlare di questo o quel politico, di esprimere giudizi sul probabile Esecutivo che verrà e su quello che ha appena terminato il suo mandato. Alcune osservazioni paiono peraltro imprescindibili. Al di là di tutte le chiacchiere sul cambiamento, sulla palingenesi promessa dai nuovi membri dei Palazzi del Potere, sulle scatolette di tonno da aprire ma rimaste tutte nella dispensa, e fatti salvi alcuni provvedimenti più di facciata che di sostanza, siamo ritornati in tutto e per tutto alle tanto deprecate vecchie liturgie della Politica d’antan: i doppi forni , i “dico smentisco e poi ridico”, i rilanci di palla nel campo avversario senza una logica qualsiasi pur di rimanere in partita alzando nel caso il tetto delle promesse, le discussioni sui programmi oscurate da quella ben più decisiva sull’attribuzione dei posti, la resistenza pervicace ad alzare il fondo schiena da una poltrona la cui occupazione pare diventata quasi un incastro fisiologico. Questa è la sceneggiatura delle ultime settimane Ma rispetto al passato è la qualità degli attori ad essere in generale diventata più scadente; manca il pathos che accompagnava certi passaggi fondamentali della Vita Repubblicana, la loro consumata conoscenza dei c.d. “ferri del mestiere”, i discorsi che segnavano il senso di un’epoca, i De Gasperi, i Nenni, i Moro, i La Malfa, i Berlinguer, i Pertini; tutto questo è stato sostituito dalla sollecitazione furbesca del selfie o dalla ostentata intercettazione e immersione nei riti ludici collettivi, i mojito, gli happening musicali sul bagnasciuga a torso nudo di fianco a signorine sculettanti, esibendo l’adipe incombente dell’italiano medio. “Sono uno di voi, parlo come voi, mangio come voi, quindi identificatevi in me e votatemi”. Badate bene, non si tratta di rimpiangere la Prima Repubblica, che di guai ne ha combinati non pochi, ma soltanto di essere consapevoli che la merce sulla bancarella della politica è oggi un po’ più scadente di un tempo; tuttavia è con questa che dobbiamo fare i conti, magari leggendo di meno i twitter di social – onanisti spesso etero diretti e informandoci in modo un po’ più serio su temi fondamentali per il nostro presente e soprattutto per il futuro.
Qualcuno dirà che questo non è nel novero delle priorità della maggioranza dei cittadini, che per il sentimento collettivo altre sono le questioni importanti. Può essere che predomini questa vulgata, ma mi sia consentito di dare un piccolo suggerimento: parliamo fin dalle elementari agli scolari della nostra Costituzione e col progredire del ciclo scolastico diamone una lettura non approssimativa o superficiale, perché essa è il Libro Fondamentale e Imprescindibile su cui si fonda la nostra Nazione nonché il baluardo della convivenza civile e costituisce un documento universalmente apprezzato da cui molte altre hanno tratto spunto. E, per cortesia, questa decisione assumiamola a prescindere, senza aspettare il responso di monsieur Rousseau o dei suoi sedicenti nipotini.