di Andrea Panziera
Mancano ormai pochi giorni al voto per le elezioni europee e l’Italia sembra ritornata sotto i riflettori della finanza internazionale e sempre più assume le sembianze del grande malato del Vecchio Continente. Non che il clima attorno a noi fosse migliorato granché ma se non altro i primi mesi dell’anno erano stati contraddistinti da un ritorno ad una maggiore distensione, grazie soprattutto ai dati macroeconomici meno peggio del previsto ed alla realistica moderazione che ha contrassegnato le esternazioni del nostro Ministro Tria. In una settimana siamo ripiombati in piena febbre da spread. Per i pochi che non lo sanno ricordo che lo spread rappresenta la differenza tra il rendimento dei Btp (Buoni del Tesoro Poliennali) ovvero Titoli di Stato italiani, e i Bund che sono l’equivalente tedesco. In altri termini, esso è una misura universalmente riconosciuta della credibilità di un Paese; quando sale viene percepito come sintomo di una perdita di affidabilità che potrebbe tradursi in crescenti difficoltà a far fronte alle proprie esigenze finanziarie. Non è propriamente una manifestazione di lungimiranza dichiarare che si è del tutto indifferenti rispetto al suo livello. Per evitare una fuga precipitosa dai Titoli d Stato, rischiando così il fallimento sistemico, il Governo deve mettere in cantiere manovre di aggiustamento dei conti facendone pagare il prezzo al tanto evocato “popolo” , cosa che si traduce in maggiori tasse ovvero riduzione dei servizi, in quanto la maggiore spesa per interessi determina voragini nel Bilancio pubblico. Confesso che provo una strana sensazione, come se, a dispetto delle dichiarazioni di facciata, qualcuno spingesse sull’acceleratore dell’instabilità al fine di provocare l’uscita dell’Italia dall’ Unione Europea. Mentre scrivo queste poche righe, mi viene in mente Adriano Celentano: “E la benzina ogni giorno costa sempre di più , E la lira cede e precipita giù , svalutation, svalutation, cambiano i governi niente cambia lassù, c’è un buco nello Stato dove i soldi van giù, svalutation…”. Dalla canzone alla realtà ?