A dieci giorni dall’inizio della guerra, la situazione sul campo e nel contesto internazionale si sta facendo sempre più drammatica
Di: Andrea Panziera
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A dieci giorni dall’inizio della guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina la situazione sul campo e nel contesto internazionale sta sempre più assumendo toni di estrema drammaticità.
Sono sicuramente da guardare con grande simpatia tutte le manifestazioni pacifiste. Come non essere d’accordo con la richiesta di cessazione delle ostilità? Negoziare, negoziare ed ancora negoziare, per evitare morte e distruzione.
Certo, questa è, o dovrebbe essere, la strada maestra. Ma c’è un problema, al momento non risolvibile. Che la volontà di sedersi attorno ad un tavolo deve essere reale e, soprattutto, reciproca.
Allora la domanda da porsi è: esiste, aldilà della profusione di parole, questo intendimento, o si tratta semplicemente di un simulacro di volontà, mentre nel contempo si bombarda il nemico con un accanimento sempre maggiore?
Temo che la seconda ipotesi sia di gran lunga la più verosimile e la vicenda dei corridoi umanitari di queste ore, concessi mentre si fa terra bruciata di tutte le strade, i paesi e le città circostanti, costringendo la popolazione ad una fuga disperata ed obbligata verso il territorio nemico, mi pare una conferma indiscutibile.
Ad oggi non è dato sapere con certezza il numero dei morti e dei feriti, ma negli occhi di tutti rimane incancellabile lo scenario di distruzioni apocalittiche, centri rasi al suolo, ospedali, scuole, asili, dimore per anziani sventrate, auto crivellate di proiettili mentre tentano di scappare.
Mentre scrivo, le notizie riportano che, durante gli ultimi colloqui con Macron e che con il leader israeliano Bennett, Putin avrebbe posto come opzione non trattabile per cessare l’invasione una sorta di resa senza condizione del Governo di Kiev. Rinuncia dell’Ucraina al Donbass, alla Crimea, suo completo disarmo ed insediamento di un Esecutivo di suo gradimento.
Diktat semplicemente irricevibile, a dimostrazione che non vi è alcuna intenzione di trattare se non dopo l’annientamento dell’esercito ucraino e l’eliminazione di Zelensky.
Che fare allora? Quale posizione deve assumere la Comunità Internazionale, ONU in primis, l’Unione Europea e l’Italia? Bastano le sanzioni fin qui decise contro la Russia, bisogna inasprirle o pensare a qualcosa di diverso e, verosimilmente, più incisivo ma molto più pericoloso?
Tralascio, per rispetto dei lettori, ogni commento su quei per fortuna non molti personaggi, tra i quali alcuni pseudo intellettuali, qualche militare, patetici nostalgici della fu Armata Rossa, che paradossalmente si collocano in entrambi gli estremi degli schieramenti politici. Per costoro, essendo di natura contrario al gergo triviale e assodato che certe idee non meritano neanche quello, propongo un foglio di via obbligatorio con destinazione verso est, essendo indegni della cittadinanza di un Paese democratico.
Ometto lo sberleffo verso quei politici che lodavano le doti personali e di statista dell’ex capo del KGB; Crozza è più che sufficiente ed è molto più bravo di me.
Mi astengo infine da ogni replica verso chi vorrebbe che assumessimo una posizione di neutralità, in nome della tutela degli interessi economici nazionali (leggi forniture di gas e tutela dei rapporti import-export).
A parte la considerazione che un simile collocamento ci metterebbe fuori dal nostro sistema di alleanze politiche e contro il 70% dei nostri partner commerciali, che persino la sempre neutrale Svizzera ha fatto una precisa scelta di campo, questa logica da bottegai dalla vista corta (con tutto il doveroso rispetto per questa categoria di onesti lavoratori) evoca una bassezza etica non degna di un Paese con le nostre tradizioni ed il nostro sistema di valori.
Ho come l’impressione, peraltro condivisa da molti commentatori, che le reali alternative alle sanzioni, magari rafforzate, siano invero molto poche se non nessuna, pena l’assunzione di rischi elevatissimi in termini di possibile conflitto non convenzionale.
Ha detto bene il mio amico Lucio Caracciolo, direttore di Limes, così come l’ex parlamentare Guido Crosetto: decisiva sarà la variabile tempo. Più dura il conflitto, maggiore sarà l’isolamento economico della Russia, più la posizione negoziale e personale di Putin è destinata ad indebolirsi.
Il prezzo di questo tempo lo pagheranno purtroppo i martiri e la popolazione ucraina, e ciò rimarrà un vulnus indelebile sulle coscienze di tutti noi.