I fatti, e soprattutto i numeri, mi stanno dando ragione: la fiammata inflazionistica è ben altro che un fenomeno passeggero
Di: Andrea Panziera
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Più di tre mesi fa ho espresso la mia modesta opinione in merito alla fiammata inflazionistica di cui si percepivano nitidamente i primi segnali: asserivo che, verosimilmente, non si sarebbe trattato di un fenomeno passeggero, a dispetto di molte voci, autorevoli o meno, che sostenevano esattamente il contrario.
I fatti, e soprattutto i numeri, mi stanno dando ahimè ragione e le agende di tutti i Governi hanno messo al primo posto lo studio di misure atte a contenerla o quantomeno a ridurne gli effetti su imprese e cittadini.
Azzardo una ulteriore previsione, sperando invero di essere smentito. Il compito mi sembra molto arduo e soprattutto con una prospettiva in termini di risultati concreti non a breve termine. In altre parole, con prezzi tendenzialmente in crescita dovremo conviverci per un periodo abbastanza lungo, con il rischio che i provvedimenti ventilati da una nutrita pattuglia di esponenti politici nostrani, lungi dal mitigarne gli effetti, creino le condizioni per l’insorgere di problemi ancora più seri e potenzialmente assai negativi nella percezione dei Mercati.
Più di uno fra i partiti che sostengono l’attuale Maggioranza indicano nell’extra-deficit, ovvero nello scostamento di Bilancio a favore di una Spesa Pubblica aggiuntiva, il rimedio per arginare l’impatto dei rincari sui redditi delle famiglie e sui conti delle imprese.
Questa proposta, aldilà di altre considerazioni di natura politica sulle quali ritornerò in seguito, presta il fianco ad alcune obiezioni sulle quali invito i lettori a riflettere con attenzione.
1) E’ noto a tutti che gli acquisti di titoli del Debito Pubblico da parte della BCE previsti dal programma PEPP, varato per contrastare gli effetti della pandemia sui sistemi economici europei, si ridurranno nel 2022 e termineranno nel 2023. Senza questo paracadute, chi acquisterà le eventuali eccedenze di bond tricolori la cui emissione si rendesse necessaria per finanziare misure straordinarie come quelle ventilate?
2) Ammesso che comunque si palesino compratori, quali tassi di interesse saremmo costretti a pagare, vista la situazione di oggettiva debolezza in cui ci troveremmo?
3) Ma poi, fatto salvo il principio che è giusto tutelare le persone più in difficoltà a causa del caro bollette, iniettare liquidità in un sistema economico già alle prese con un aumento dei prezzi importante, non produce come conseguenza quella di veicolare ulteriore inflazione?
4) Da ultimo, di fronte a questo prevedibile scenario, come reagirebbero i Mercati se non con una forte accelerazione dello spread, già in tensione da alcune settimane?
Sarebbe interessante rivolgere queste domande ai nostri rappresentanti in Parlamento di ogni schieramento, nessuno escluso e, fuori di esso, a coloro che criticano il Presidente del Consiglio con le motivazioni più singolari e non di rado contraddittorie. Lo ammetto, non mi aspetto risposte risolutive o minimamente convincenti né dai Partiti né dai non pochi connazionali che vedono Mario Draghi come il fumo negli occhi.
Per mia natura rifuggo dalla distinzione manichea fra politici portatori di ogni male e onesti cittadini perennemente gabbati. Spesso mi assale il dubbio che in molte persone l’astio verso il potente non sia il frutto di una rivolta etica interiore, bensì scaturisca dalla frustrazione di non poter sedere a tavola e banchettare con quel mondo a parole tanto esecrato e condannato.
Io temo che si inneschi una rincorsa pericolosa verso provvedimenti di immediato impatto in termini elettorali, visto che fra un anno si andrà a votare, inseguendo quella logica passata che ha cagionato un Debito Pubblico di dimensioni stratosferiche.
Per colmo di paradosso, proprio ora che siamo in presenza di una prima, significativa, riduzione del rapporto Debito/PIL. Tanto i conti, e le conseguenze, le pagheranno le generazioni future, o no?