Sono quasi tremila, sono ovunque e le usano davvero tutti. Al di là dell’espressione, le emoji stanno diventando un mezzo di inclusione
Di: Messhua Franch
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Al giorno d’oggi, siamo così invasi dalle emoji da non farci quasi più caso. Eppure, l’utilizzo che ne facciamo è continuo. Il sito emojitracker, con una velocità di aggiornamento sorprendente, analizza la frequenza d’uso delle emoji su Twitter in tempo reale: la più usata? Quella che ride fino alle lacrime.
Meno evidente ai calcoli dell’algoritmo è invece l’evoluzione che stanno subendo le emoji. Con gli aggiornamenti degli ultimi anni, infatti, sono comparse le prime coppie omosessuali, le diverse carnagioni di pelle e tanto altro. Ne hanno fatta di strada da quando, a fine anni 90, Shigetaka Kurita creò il primo set di 176 simboli in bianco e nero da poter inviare nei messaggi. Un set attualmente in mostra nell’atrio del MoMa di New York.
Emoji o emoticon?
I termini “emoji” ed “emoticon” vengono generalmente utilizzati per indicare la stessa cosa: simboli e faccine espressive che usiamo nelle chat. Tuttavia, tra le due definizioni vige una differenza concettuale.
La parola “emoji” (絵文字) deriva dal giapponese “moji”, traducibile come “carattere/scrittura”, con l’aggiunta del prefisso “e”, ovvero “immagine”. Letteralmente, sta a significare “pittogramma”. Questa definizione racchiude tutti i tipi di immagini e simboli a disposizione nei messaggi. Il termine “emoticon”, invece, deriva da due parole inglesi, rispettivamente “emotion”, “emozione”, e “icon”, “icona”, e indica semplicemente le immagini che raffigurano le espressioni del viso.
Nonostante le differenze di fondo, entrambe le parole ci dicono molto sul proposito dei loro primi sviluppatori: dare la possibilità agli utenti di esprimere un’emozione senza descriverla a parole.
Le faccine al passo con la società
La capacità di conformarsi alle esigenze delle persone ha reso le emoji sempre più gettonate nelle conversazioni online. Sono divenute una parte fondamentale dello scambio di messaggi, al punto che, oggi, ci pare quasi impossibile farne a meno. Nel 2014 è stato addirittura istituito il World Emoji Day, la cui ricorrenza, prevista per il 17 luglio, deriva dalla data impressa sull’emoji del calendario di iOS.
Ogni anno, il Consorzio Unicode approva un nuovo set di emoji, che andrà a integrare quello già esistente. Attualmente, sono quasi tremila le immagini utilizzabili e, in particolare negli ultimi anni, i designer hanno tentato di crearne una gamma sempre più inclusiva.
Tra il 2019 e il 2020, sono arrivate sui nostri dispositivi le emoji di tre persone in sedia a rotelle, di un orecchio con apparecchio acustico e di una persona che parla nella lingua dei segni. Poi, abbiamo visto comparire quelle di una persona dai tratti maschili con il velo da sposa e, viceversa, di una persona dai tratti femminili con indosso lo smoking. Quindi, in quasi tutte le emoji ove sia presente un viso o un arto sono stati inseriti cinque diversi colori di carnagione, mentre tra le bandiere sono state aggiunte quella arcobaleno, simbolo della comunità LGBTQIA+, e quella a strisce azzurre, bianche e rosa, appartenente alla comunità transgender.
Il set in arrivo: un ulteriore passo in avanti
Sono solo sette le nuove emoji previste per il 2021. Tra queste, però, spiccano due persone con la barba: sono le emoji non-binary, e non le prime, a dimostrazione della volontà degli sviluppatori di stare al passo con l’evoluzione della società.
L’aggiunta di queste nuove immagini non rappresenta un’azione fine a se stessa; è piuttosto lo specchio delle necessità e dei bisogni delle persone, le cui abitudini – anche linguistiche – stanno cambiando in accordo con una maggiore consapevolezza. Del resto, l’abbiamo detto, viviamo in un’epoca di evoluzione sociale che nessuna convinzione conservatrice potrà né riuscirà a impedire. A dimostrarlo è la stessa storia dell’essere umano: il progresso non si ferma. Per fortuna.