Contro la peste, la Repubblica di Venezia disponeva di un attivo “Ufficio della Sanità”: in caso di epidemia, applicava svariate restrizioni, fra cui la “quarantena”
Di: Pierantonio Braggio
La Repubblica di Venezia disponeva di un attivo “Ufficio della Sanità”: in caso di epidemia, applicava svariate restrizioni, fra cui la “quarantena”.
Contro la peste degli anni Trenta del 1600 operarono anche i cosiddetti “Medici della peste”, il cui volto era coperto da una particolare maschera. Venivano inoltre emesse “Fedi di Sanità” per coloro che non fossero stati colpiti dal morbo o lo avessero superato.
Riteniamo interessante offrire qualche dato, anche curioso, su periodi di secoli passati in cui la peste imperversò a Verona, colpita da circa quattordici epidemie a partire dal 1300, e a Venezia.
La peste in Europa
Pesanti attacchi di peste subirono l’Europa, Venezia e, fra le altre città, Verona, negli anni 1347, 1575 e 1630. Nel veneziano Palazzo Ducale era doge Nicolò Contarini (1553-1631).
La citata peste era detta “nera” o “bubbonica” e derivava dal batterio Yersina pestis, in genere trasmesso all’uomo da pulci viventi sul mantello di vari animali, per lo più topi. Essa provoca forte febbre, bubboni neri – da cui il nome – e, in qualche giorno, la morte. In questo terribile quadro, caratterizzato da un rapidissimo venire meno di decine di migliaia di persone, a Venezia già operavano un Magistrato alla Sanità e i cosiddetti “Medici della peste”. Vennero ben presto aperti i “lazzaretti”, ove si attuavano le “quarantene”, ed emesse le “Fede di Sanità”.
Questo per dire che anche Verona, sotto amministrazione veneziana, disponeva di tale organizzazione; un organizzazione in sé quasi attuale, ma ovviamente limitata dalle assenti conoscenze scientifiche del tempo.
I Medici della peste
All’inizio di questo scritto abbiamo fatto cenno a “qualche dato curioso”: intendiamo riferirci, in particolare, ai “Medici della peste”, e soprattutto al loro strano abbigliamento, in verità studiatissimo e mirato a difendere il medico stesso da ogni possibile contagio.
Egli portava una veste cerata – che, allacciata sulla la parte posteriore della testa, copriva il capo e arrivava sino oltre i piedi -, un cappello, una maschera in cuoio (con tanto di becco) e un paio di guanti in pelle. Era poi dotato di un particolare bastoncino, la cui funzione era sostituire le mani in caso di contatto col malato, con i suoi vestiti o con parte del suo letto.
Ad oggi non ci è dato sapere con certezza quale fosse l’utilità del becco della maschera. Una protuberanza da un lato buffa, dall’altro paurosa e malinconica, in una vera e propria maschera anti-contagio divenuta con il tempo un tipico ornamento carnevalesco veneziano. Sappiamo soltanto che un simile becco conteneva una sorta di spugna imbevuta di decotti e profumi, o in alternativa di fiori e spezie. Si pensava che, in questo modo, il medico fosse al sicuro da eventuali inspirazioni di residui di peste nell’aria. Infine, i due fori, destinati agli occhi, erano chiusi con vetro.
La Fede di Sanità e la quarantena
Venezia introdusse la “Fede di Sanità”, successivamente adottata anche a Verona e rilasciata dai Provisores Sanitatis Veronex (Provveditori veronesi della Sanità). Tale Fede, se emessa a Verona, portava la dicitura: “Si partono da [luogo di partenza], Territorio di Verona, libero (per l’Iddio gratia) da ogni sospetto di mal, per andar à [luogo di destinazione]”. Insomma, una sorta di odierna autocertificazione. Seguivano quindi le indicazioni di riconoscimento, quali anni, statura, capelli, giorno e mese d’emissione.
Quanto alla voce “quaranténa”, fu coniata dalla stessa Venezia nel 1347. Si trattava d’una misura preventiva contro la diffusione di epidemie o malattie che potessero essere portate a Venezia da velieri o da merci veneziani o stranieri in dirittura di attracco nei porti cittadini. Prima di poter entrare in porto, velieri e merci dovevano attendere quaranta giorni in zone marittime ad hoc. Si riteneva che questo periodo fosse sufficiente a garantire la guarigione o la cessata pericolosità di contagio. Lo stesso avveniva a Verona per merci provenienti via Adige.
Abbiamo, forse fin troppo brevemente, posto in luce solo alcuni elementi di quanto aveva realizzato la grande Repubblica di Venezia per la propria cittadinanza. Guarda caso, la sua saggezza, lungimiranza e praticità tornano valide anche per noi, in un mondo moderno colpito da un virus capace di uccidere e di costringerci a introdurre misure che la città di San Marco aveva già da secoli sperimentato.