Oggi, Lampi News si sofferma sul fattore C, un’influenza di non poco conto. Ne è una prova (forse) il derby di Milano
Di: Andrea Panziera
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Due settimane fa, assieme ai suoi collaboratori più stretti, ho festeggiato in un buon ristorante sulle splendide colline attorno a Conegliano la carriera di un Professore universitario mio fraterno amico da oltre 40 anni, giunto alla pensione proprio il 1° di ottobre.
Nel suo breve discorso di commiato, che tale probabilmente non sarà, perché è alle viste la sua nomina a Professore Emerito, ha parlato dell’importanza della preparazione, della perseveranza e della determinazione, condizioni necessarie per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo professionale. Il tutto con una postilla: il quid di una discreta dose di “fattore C” risulta quasi sempre conditio sine qua non.
Il derby della “Madunina”
Dopo il derby della “Madunina” di sabato pomeriggio, confermo che l’affermazione del mio amico mi trova viepiù consenziente, ferma restando l’indispensabile necessità della presenza di tutti gli altri requisiti. In questi casi, la frase di rito è sempre la medesima: ha vinto chi è stato più cinico.
Mi sembra in realtà la solita scorciatoia linguistica trita e ritrita che si adopera quando si vuol giustificare un risultato sportivo che ad ogni evidenza appare in contraddizione con quanto visto sul terreno di gioco prima ancora che con i numeri dell’incontro.
Se fai quasi il doppio dei tiri dell’avversario, se quelli effettuati dalla tua squadra sono diretti nello specchio di porta in una percentuale decisamente maggiore, se il possesso della palla è di molto superiore, così come il numero e la precisione dei passaggi, e se infine le occasioni da gol non concretizzate sono 4 a 1, ma nonostante questo perdi, vuol dire che la dea Eupalla, come avrebbe detto l’indimenticabile Gianni Brera, si è voltata dall’altra parte. Ciò, comunque, senza nulla togliere ai rossoneri, che hanno disputato un match egregio, volitivo e aggressivo nella giusta misura.
L’influenza del fattore C
La mia Inter questa sera ha raccolto meno di quello che oggettivamente avrebbe meritato. Questo sia per come ha condotto per lunghi tratti la partita sia per le molteplici situazioni favorevoli non sfruttate o sfumate di un nonnulla.
Quando si perde, può apparire pretestuoso accampare scuse; tuttavia, avere mezza difesa titolare ai box causa Covid, trovandosi contro una squadra che ha invece recuperato tutti gli effettivi e che quindi gioca in formazione tipo, crea handicap di partenza notevole. Handicap che sul campo si è visto chiaramente, peraltro accentuato dalla presenza di un vecchio marpione come Ibrahimovic, che a dispetto delle sue quasi 40 primavere corre e lotta come un ragazzino.
Che il Covid finirà per condizionare pesantemente il campionato appare evidente fin da queste prime battute. Chi nei momenti critici si troverà la formazione falcidiata dai contagiati ne subirà inevitabilmente le conseguenze. Certo, sarebbe paradossale se il fattore C influenzasse o addirittura indirizzasse in modo determinante le sorti del torneo più della potenza di Lukaku, della grinta di Vidal e Barella, della velocità di Hakimi, della reiterata incostanza di un potenziale top player come Lautaro, della lunaticità di Brozovic o della scarsa vis pugnandi di Eriksen.
Parlo ovviamente solo per la mia parte calcistica, ma penso di interpretare il pensiero di tutti i tifosi, già penalizzati dal distacco forzoso dai match della loro squadra del cuore. Il precedente di Juve – Napoli, con la contraddizione tra regolamenti sportivi e norme sanitarie, non lascia presupporre nulla di buono.
Le pagelle di Lampi News
Handanovic: 6. Sfortunato sul rigore e incolpevole sul secondo gol, poi praticamente inoperoso, con interventi di ordinaria amministrazione.
D’Ambrosio: 5. Leao lo supera spesso a velocità doppia e in avanti non lo si vede mai.
De Vrij: 5. Dovrebbe tenere d’occhio Ibra, soprattutto per questioni di stazza fisica, ma sul secondo gol è da un’altra parte.
Kolarov: 5. Per la prestazione difensiva meriterebbe 4: provoca il rigore ed è fuori posizione sul gol. Si riscatta parzialmente con aperture precise di 50 metri che sventagliano il campo.
Hakimi: 7. Salta ogni avversario con facilità irrisoria, sbaglia il gol del pareggio con la palla che accarezza il palo, ma non è certo lui il responsabile della sconfitta.
Vidal: 6. Lotta, ma non incide. Prestazione sufficiente, seppur inferiore al suo standard.
Barella: 6/7. Onnipresente, non si arrende mai, corre fino all’ultimo secondo e non si fa ammonire. Qualche errore di misura, ma è più che comprensibile.
Brozovic: 5. Poco o nulla, solo passaggi in orizzontale e mai una iniziativa degna di questo nome.
Perisic: 5+. Non supera quasi mai l’uomo e in copertura non si vede. Da ricordare solo l’assist per Lukaku.
Lautaro: 5,5. Primo tempo sufficiente, nel secondo sparisce e sbaglia molti triangoli con i compagni.
Lukaku: 7. Il migliore dell’Inter, come spesso capita. Lotta sempre e portargliela via è praticamente impossibile. Sfortunato su alcune conclusioni, ma si arrende solo al 95’.
Eriksen: 5. La lotta non è il suo pane e in una partita così il fioretto non serve a nulla. Si lamenta perché gioca poco, ma se le prestazioni sono queste, la scelta è chiara.
Milan: tutti da sufficienza piena, con una nota di merito per Leao, Kessie, Calabria e Bennacer. A Ibrahimovic un 8 strameritato
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