La survey OpinionWay per Sommet Education mostra che il settore dell’ospitalità offre lavoro, ma mancano lavoratori
Di: Maria Mele
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Secondo una recente ricerca del World Travel & Tourism Council (WTTC) in Italia, nel 2023, l’industria dell’ospitalità e filiere collegate hanno contribuito per il 10,5% (215 miliardi) al pil italiano.
Un contributo che, secondo le stime, è destinato a un ulteriore incremento. Interessante notare che il dato nazionale è migliore di quello registrato nell’intero settore dei viaggi e del turismo dell’Unione europea nel medesimo periodo (oltre l’8%). Il comparto registra oggi quasi 3 milioni di addetti, di cui quasi 185.000 creati lo scorso anno. In pratica, in Italia 1 addetto su 8 lavora nel mondo del turismo.
Le stime prevedono che nel corso del 2024, per fare fronte al sempre maggiore numero di ospiti attesi, serviranno altri 100.000 addetti arrivando a 3,1 milioni di occupati nel settore. Una fotografia estremamente confortante e rassicurante, ma è davvero così?
Chi conosce questo mondo dall’interno sa che, a fronte di un mercato florido, la vera sfida da affrontare è quella di reclutare e mantenere le risorse.
Apparentemente il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori: perché?
Cerca di trovare risposte a questa apparente incongruenza una recente ricerca realizzata da OpinionWay per Sommet Education, leader mondiale nell’educazione all’ospitalità, che vanta nel proprio gruppo alcune tra le più prestigiose scuole di business dell’ospitalità, tra cui il Glion Institute of Higher Education e Les Roches, le scuole di arte culinaria e pasticceria École Ducasse, Invictus e Indian School of Hospitality.
L’indagine, svolta a livello europeo con uno specifico focus sull’Italia, mira a identificare i principali fattori che attraggono e trattengono i talenti nel settore dell’ospitalità, attraverso un’analisi di tipo quali/quantitativo condotta intervistando un campione di 1.300 giovani professionisti dell’ospitalità, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, di responsabili delle risorse umane di tutta Europa, oltre a 20 opinion leader del settore in rappresentanza di tutte le componenti del mercato dell’ospitalità e del turismo: hotel, ristoranti, tour operator, retail di fascia alta, gruppi e indipendenti.
Il primo dato che emerge con estrema chiarezza riguarda la fortissima attrattività del settore dell’ospitalità e del commercio al dettaglio di alta gamma (80%), che supera di gran lunga la media di altri settori (60/70%). Secondo quanto emerge, le motivazioni a supporto di questo risultato hanno anche a che fare con la grande esposizione mediatica a cui, da qualche anno a questa parte, le professioni legate alla ristorazione e al servizio di accoglienza in genere sono state sottoposte. Format televisivi e social media hanno contribuito a raccontare un mondo nel quale la passione, la cura e l’attenzione verso l’esperienza dell’ospite sono valori fondamentali
Non è un caso, quindi, che alcune grandi catene alberghiere abbiano voluto innalzare ulteriormente il proprio servizio al cliente creando il nuovo ruolo di Guest Experience Director.
Per comprendere meglio l’entusiasmo dei giovani, soprattutto italiani, per questo settore, l’indagine ha analizzato le loro motivazioni, scoprendo che il 42% di loro è incoraggiato dalla possibilità di fare esperienze internazionali e il 39% dall’interesse per i viaggi e le culture diverse, oltre che dall’importanza dei rapporti interpersonali e dalla natura dinamica del settore.
Ma se il mondo dell’ospitalità risulta essere così attrattivo, perché è così difficoltoso il reclutamento e, soprattutto, la retention di risorse, in particolare in Italia? Quali sono le aspettative e le richieste di chi si rivolge a questo mercato del lavoro?
È ormai un dato acquisito, confermato anche da questa survey, che la pandemia ha avuto un ruolo deflagrante nel mutare le condizioni e le richieste del mondo del lavoro. Ancora oggi a distanza di alcuni anni, paghiamo gli effetti di quello che, da alcuni intervistati, è stato definito come uno tsunami di proporzioni catastrofiche. Oggi tutti hanno compreso l’importanza di un buon bilanciamento tra vita professionale e vita privata. Il lavoro non è più la sola priorità, famiglia e amici lo sono altrettanto.
Dalla ricerca emerge che, tra gli elementi identificati come scarsamente attrattivi in questo settore, ci siano i pesanti turni di lavoro e l’approccio molto gerarchizzato, dato di cui i manager HR intervistati sembrano avere piena consapevolezza. Questi ultimi, infatti, sul tema hanno dichiarato di aver definito e applicato politiche proattive per la gestione flessibile dei turni di lavoro, per la job rotation e la mobilità interna.
Fondamentale appare anche un cambiamento nello stile manageriale che deve essere più coinvolgente e collaborativo e, non ultimo, risulta fondamentale l’attenzione, reale e non di facciata, ai temi legati alla responsabilità sociale di impresa, con particolare attenzione a inclusione, uguaglianza, parità di genere, integrazione e sostenibilità ambientale.
I giovani candidati appaiono quindi essere molto più esigenti nei confronti del sistema lavoro, di cui apparentemente dettano le regole. Ciò appare ancora più vero per la generazione Z, giovani tra i 18 e i 24 anni, le cui esigenze e aspirazioni sono molto diverse, e spesso disorientanti, per le generazioni che l’hanno preceduta. Questi giovani appaiono orientati al breve termine, si percepiscono all’interno di un orizzonte temporale a 6/12 mesi che, paragonato alla ricerca dell’agognato posto fisso, che ha caratterizzato le generazioni precedenti, ci fornisce la chiave di lettura più eclatante della dinamicità con la quale si muove il mercato del lavoro in questo settore.
Per i giovani le parole chiave appaiono essere innanzitutto coinvolgimento e crescita. Ai loro occhi risulta attraente la partecipazione a un progetto comune. Non più quindi dei talenti solitari, ma gruppi di lavoro con precisi obiettivi. In questo senso è fondamentale la fase di inserimento in struttura (onboarding) delle risorse per trasmettere loro passione e una buona narrazione della progettualità. La crescita, intesa sia in senso orizzontale che verticale, avviene attraverso una formazione continuativa alternata a un affiancamento sul campo e a una veloce rotazione degli incarichi, che consente di acquisire velocemente competenze ed, eventualmente, anche salire nella scala gerarchica.
In questo universo, il capo che ordina lascia spazio a un middle management che ha il compito di creare la giusta atmosfera di lavoro e aiutare e guidare lo sviluppo professionale delle risorse attraverso l’attività di mentoring, mentre ai giovani viene sempre più richiesto di facilitare gli aspetti legati alla digitalizzazione, allo sviluppo tecnologico e all’integrazione con l’A.I.
Giuste condizioni nella giusta atmosfera, quindi, per il successo di un mercato del lavoro in veloce evoluzione.
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In apertura, foto StockSnap – Pixabay.
ph. courtesy Sommet Education.