Patate dall’Egitto e Pere dall’Argentina: Coldiretti lancia la petizione per rendere più trasparenti le etichette europee

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È partita ufficialmente la campagna di Coldiretti a favore di una proposta di legge europea di iniziativa popolare sulla trasparenza del cibo sulle tavole italiane.

Questa mattina, al Mercato Coperto di Campagna Amica in Galleria Filippini in Via Macello 5 a Verona, il Presidente Alex Vantini ha infatti illustrato il progetto di Coldiretti che prevede la raccolta di almeno un milione di firme per garantire la trasparenza in fatto di cibo. Presente il consigliere comunale Fabio Segattini che ha manifestato il pieno appoggio all’iniziativa.

Il lancio dell’iniziativa era avvenuto lo scorso 8 e 9 aprile al Brennero, luogo fortemente simbolico per Coldiretti che a più riprese a partire dal 1973 vi ha svolto diverse manifestazioni perché proprio lì avviene il passaggio dei falsi prodotti Made in Italy che invadono il mercato italiano. Nel giro degli ultimi dieci anni le importazioni di cibo straniero sono aumentate del 60% raggiungendo il valore record di 65 miliardi di euro.

“Oggi siamo qui in un mercato a Km Zero – ha detto Vantini – per mostrare alcuni dei prodotti che hanno sicuramente valicato il confine del Brennero per arrivare sugli scaffali dei supermercati veronesi rivestiti di tricolore e quindi immediatamente riconoscibili per italiani senza però esserlo”.

Uva dall’India, patate dall’Egitto, pere da Sudafrica e Argentina, semi di girasole dalla Cina sono solo alcuni dei prodotti che Coldiretti ha messo in mostra in una tavolata degli orrori in cui la pasta venduta come di Gragnano con tanto di marchio igt è fatta con grano proveniente dall’estero e in cui una bottiglia di olio che sull’etichetta richiama chiaramente un paesaggio toscano è ottenuto con olive extra Ue.

“Con questa raccolta di firme – ha spiegato Vantini – chiediamo fondamentalmente che si estenda l’obbligatorietà dell’origine in etichetta su tutti i prodotti in commercio nell’Unione Europea. L’Europa deve arrivare a garantire la trasparenza su quanto portiamo in tavola, con l’impegno trasversale della politica e del mondo economico. Lo scorso 15 aprile abbiamo festeggiato la prima giornata nazionale del Made in Italy voluta dal Ministero per le Politiche agricole e della sovranità alimentare perché il cibo rappresenta la prima ricchezza dell’Italia con un valore della filiera agroalimentare allargata che ha superato i 600 miliardi di euro e rappresenta il simbolo più noto del Paese all’estero. È nostro preciso dovere difenderlo e promuoverlo in tutte le sedi”.

Il Made in Italy dal campo alla tavola vede complessivamente impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Un record trainato da un’agricoltura che è la più green d’Europa con la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 529 vini Dop/Igp e 5547 prodotti alimentari tradizionali e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori.

“La nostra mobilitazione – ha spiegato Vantini – è un’iniziativa di trasparenza e di risposta nei confronti dei cittadini e dei consumatori. Non è una manifestazione di chiusura all’interno dei confini, anzi è vero esattamente l’opposto: partiamo dall’Italia per cercare di portare trasparenza sui mercati a livello mondiale e fare anche una lotta concreta al tema dell’Italian sounding che tante volte si pensa essere solo fuori dei confini nazionali quando purtroppo l’abbiamo anche all’interno del nostro Paese quando ci sono queste storture”.

La mobilitazione potrà essere sostenuta firmando in tutti i mercati contadini di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti e sarà promossa anche sui social media con l’hashtag #nofakeinitaly.

Le richieste

Con la petizione Coldiretti chiede innanzitutto la revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione e del luogo di provenienza, che permette di vendere come italiano, magari con il nome “nostrano” o “di fattoria” un prodotto fatto con materie prime provenienti dall’estero. “Non è possibile che si spacci per italiano un cibo che non è stato coltivato o allevato in Italia, – ha detto Vantini – dalle cosce di prosciutto estero che dopo essere stati salati e stagionati vengono venduti per italiani al latte straniero che diventa mozzarella italiana. È un furto d’identità che inganna i consumatori e toglie reddito agli agricoltori”.

Ma la richiesta è anche di imporre un netto stop alle importazioni sleali di cibo prodotto secondo modalità vietate in Italia e in Europa, dall’uso di sostanze vietate allo sfruttamento del lavoro e dell’ambiente facendo quindi rispettare il principio di reciprocità. Ora dalle frontiere entrano prodotti trattati con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro vigenti in Italia. “Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà” ha detto Vantini.

Ma la nuova Ue dovrà anche garantire mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione

Coldiretti porta in Europa anche la battaglia contro il cibo sintetico fatto in laboratorio dopo aver fatto da apripista in Italia con la raccolta di oltre 2 milioni di firme che ha portato all’approvazione della legge che ne vieta la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale.

I numeri dell’import

Si sta verificando un vero e proprio attacco al patrimonio agroalimentare dell’Italia favorito dalle follie europee che fanno calare la produzione agricola nazionale spingendo il deficit alimentare del Paese che è arrivato a produrre appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.

L’invasione non ha risparmiato alcun settore. Nel 2023 hanno attraversato le frontiere oltre 5 miliardi di chili di prodotti ortofrutticoli con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Uno dei prodotti simbolo dell’invasione sono le patate, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Escludendo quella per la semina, ne sono arrivati 797 milioni di chili, in crescita del 39% rispetto a dodici mesi prima. A questi ne vanno aggiunti altri 288 milioni di chili congelate e 74 milioni di chili cotte e congelate, oltre a 10 milioni di chili di patatine già pronte tipo quelle fritte dei sacchetti. Ammontano poi a 251 milioni di chili le importazioni di piselli tra freschi e secchi (+20%), mentre quelle di fagioli sono pari a 176 milioni di chili (+9%), e di lattuga ne sono arrivati 126 milioni di chili (+5%). Di pere ne sono arrivati 127 milioni di chili (+15%) ma è boom soprattutto per gli arrivi di pesche e nettarine balzate a 108 milioni di chili (+74%). Crescono a doppia cifra anche le importazioni di kiwi (+23%) pari a 80 milioni di chili. A questi vanno aggiunti i prodotti trasformati, come ad esempio i succhi di frutta. Nel 2023 ne abbiamo importati 202 milioni di chili, il 25% in più rispetto al 2022.

Invasione anche di cereali. Nel 2023 abbiamo importato 3,06 miliardi di chili di grano duro per la pasta, in crescita del 66% rispetto all’anno precedente, mentre gli arrivi di grano tenero con cui fare pane e biscotti sono stati di 4,88 miliardi di chili, l’8% in più rispetto a dodici mesi prima. Le importazioni di latte sfuso sono state pari a 884 milioni di kg, in aumento del 47% rispetto al 2022, ai quali vanno aggiunti altri 302 milioni di kg di confezionato. Ma ci sono anche 593 milioni di chili di formaggi e latticini arrivati nel 2023 (+11%). Tra le carni, le importazioni maggiori hanno riguardato quelle di maiale, pari a 992 milioni di chili (+4%), davanti alle bovine con 375 milioni di chili (+5%) mentre quelle di pecora ammontano a 29 milioni di chili (+14%). Per il pesce, ne abbiamo importato 793 milioni di chili, sostanzialmente sui livelli del 2022.

Allarme per la salute

Nell’ultimo anno è scoppiato in Italia oltre un allarme alimentare al giorno con ben 422 allerte che hanno riguardato prodotti stranieri per la presenza di residui di pesticidi vietati in Italia, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti, in aumento del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno. E in quasi 6 casi su 10 si tratta di prodotti provenienti da paesi Extra Ue. È quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Rasff al 1° aprile 2024.

Frutta e verdura sono al primo posto per numero di segnalazioni, pari al 30% del totale. Si va dai pistacchi turchi e iraniani con alti livelli di aflatossine alle carote dall’Egitto con residui di Linuron, un pesticida vietato in Europa. Ma ci sono anche i fagioli all’occhio del Madagascar con Chlorpirifos, una sostanza bandita in Ue perché sospettata di danneggiare il cervello dei bambini, presente peraltro anche sui fagioli dal Bangladesh. Norovirus sui frutti di bosco congelati tedeschi e serbi, ma neppure il succo d’arancia congelato è sicuro poiché su quello iraniano ci sono residui di Propiconazole, sostanza anch’essa vietata. Pesticidi banditi anche sui peperoncini dal Kenya, mentre sui fichi secchi turchi sono state rinvenute aflatossine.  

Al secondo posto tra i prodotti più pericolosi c’è il pesce, con 107 segnalazioni. Si va dalle ostriche francesi e olandesi con la presenza di norovirus alle seppie congelate dall’Albania con contenuto di cadmio, dal pesce spada e dal tonno spagnoli con presenza di mercurio oltre i limiti ai filetti di merluzzo congelato dalla Cina con la salmonella, presente anche nelle cozze cilene.

Tra i prodotti più pericolosi ci sono anche le carni, quasi principalmente per la presenza di salmonella. Ne è stata scoperta nelle carni di pollo e di tacchino dalla Polonia, dall’Olanda dalla Spagna e dall’Olanda, ma anche nelle cosce di rana turche e cinesi.

Al quarto posto i cereali dove la quasi totalità delle segnalazioni riguardano il riso dal Pakistan, per la presenza di aflatossine e residui di pesticidi vietati, mentre al quinto troviamo le spezie, dal peperoncino dello Sri Lanka con aflatossine all’originano turco con tossine naturali, dal peperoncino cinese con salmonella al cumino indiano con residui di pesticidi.

Etichettatura, status quo

La mobilitazione della Coldiretti rappresenta anche una risposta all’attacco arrivato dalla Corte dei Conti Ue nell’Audit concluso lo scorso dicembre in merito ai decreti italiani sull’etichettatura d’origine per pasta, riso, derivati del pomodoro, latte e formaggi, salumi, considerate ostacoli al libero commercio nonostante l’elevato e legittimo interesse dei consumatori a conoscere l’origine della materia prima di quanto mette nel piatto.

E pesa anche l’esclusione dalla Direttiva Breakfast di prevedere l’obbligo dell’indicazione di origine per succhi di frutta e marmellate, inizialmente inserito e poi bocciato in fase di Trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue.

Gli alimenti con l’obbligo di indicare l’origine in etichetta

Carne bovina: dal 1° gennaio 2002 obbligo etichetta origine dopo mucca pazza.

Pesce: dal 10 aprile 2002 deve riportare l’indicazione della provenienza.

Frutta e verdura fresche: dal 25 febbraio 2003 su etichette obbligatorio indicare origine, varietà e categoria.

Uova: dal 1° gennaio 2004 è obbligatorio il codice sul guscio.

Miele: dal 1° agosto 2004 è d’obbligo etichetta con Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

Latte fresco: dal 7 giugno 2005 deve essere indicato il luogo di provenienza degli allevamenti di origine da giugno 2005.

Carne di pollo: dal 17 ottobre 2005 obbligo etichetta tra i provvedimenti per fronteggiare virus polli.

Passata di pomodoro: dal 15 giugno 2006 obbligo di etichetta che indica il luogo di coltivazione.

Olio di oliva extravergine: il 17 gennaio 2008 è entrato in vigore il Decreto Mipaaf 9 ottobre 2007 (Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell’etichetta dell’olio vergine ed extravergine di oliva) che garantisce la provenienza nazionale dell’extravergine in commercio ed impedire di “spacciare” come Made in Italy miscugli di olio spremuto da olive spagnole, greche e tunisine, come è avvenuto fino ad ora senza alcuna informazione per i consumatori.

Latte a lunga conservazione e suoi derivati: Il 18 aprile 2017 entra in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari prevista dal decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017.

Pasta, riso, pomodoro, carni suine trasformate, latte e prodotti lattiero-caseari. Alla vigilia del Natale del 2023 firmati decreti nazionali sull’indicazione della provenienza in etichetta da parte del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, insieme ai ministri delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso e della Salute Orazio Schillaci, con la proroga fino al 31 dicembre 2024 per il regime sperimentale italiano sull’indicazione in etichetta della provenienza della materia prima per pasta, riso, pomodoro, carni suine trasformate, latte e prodotti lattiero-caseari.