Con la nuova Bohème di Ioffe e Trespidi, la Stagione Lirica 2022 si è conclusa con un successo inedito. Replica prevista per il 31 dicembre
Di: Benedetta Breggion
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Natale è alle soglie anche per i protagonisti della celebre Bohème di Puccini. E quest’ anno, alla conclusione della stagione lirica veronese del 2022, a scaldare il gelido inverno sono stati gli incandescenti moti sessantottini del Maggio francese, nella scenografia, e l’ intransigente gesto di Alevtina Ioffe, per la musica. Sul palcoscenico del Teatro Filarmonico, il regista e Direttore Artistico Stefano Trespidi ha deciso di raccontare con nuovo stile l’ opera pucciniana. Per la realizzazione sono stati importanti i contributi di Juan Guillermo Nova, Silvia Bonetti e Paolo Mazzoni per scene, costumi e luci.
Con questa produzione, il Teatro Filarmonico ha esaurito in breve tempo i posti disponibili. Un successo che pochi spettacoli di questa Stagione lirica hanno raggiunto. La rigorosa lettura che la giovane Direttrice Alevtina Ioffe ha dato della partitura operistica ha portato la tradizione della musica all’altare con l’innovazione della scenografia.
La Bohème, tradizione in rima con reinvenzione
Nei cieli bigi di questa produzione, Rodolfo guarda fumar dai mille comignoli una Parigi che arde delle proteste studentesche sessantottine. Trespidi è riuscito a compiere questa operazione con estrema delicatezza e fedeltà drammaturgica. È stato in grado di narrare le passioni amorose dei protagonisti di pari passo con gli esiti e le evoluzioni del Maggio francese. Non solo: ha fatto sì, anche, che sentimenti degli individui e ideali rivoluzionari cantassero quasi unanimi, con gli stessi ritmi e destini.
Tutto ciò all’ insegna dell’ energia vitale, delle passioni autentiche che, pur nella brevità dell’ esistenza in cui si consumano, sono destinati a far risuonare forte il loro eco a chi viene dopo di loro…
Quasi a voler accompagnare l’ impulsiva sensibilità dell’ Opera verso quel linguaggio cinematografico che essa stessa già ipotizzava. Con il suo scalpitare esuberante verso nuove forme, prima ancora che esistessero i supporti tecnici per poter persino immaginare la settima arte. Un linguaggio esuberante proprio come lo sono i sentimenti dei protagonisti narrati e, allo stesso tempo, delle proteste studentesche. Sogni, ideali e intese, troppo esigenti per l’ umile vita che conducono e di cui fanno parte.
Avvantaggiata da un’ Orchestra già segnata, nel suo DNA, dell’ impronta operistica, la Ioffe ha dimostrato una vigilanza intransigente e una cura del dettame pucciniano scrupolosa. Versatile nel modo in cui passava immediatamente da un sentimento a un altro, riservando ad ognuno la stessa attenzione premurosa, nelle loro diversità. Questo senza mai venir rallentata o ostacolata dall’ orizzonte emotivo di provenienza.
“É così commovente”, ha dichiarato Alevtina Ioffe, Direttrice d’orchestra. “In un così breve tempo di quest’ Opera, sentiamo tutti i colori dei sentimenti: dal grande amore alle passioni più forti, fino alla morte”
Nulla, infatti, è trattato con leggerezza nella scrittura del compositore, noto per la sua epoca come l’ artista geniale e contadino. Un realismo che fa parlare le piccole cose con una preziosità inestimabile. Una poesia di cui tutta l’ Opera è intrisa, che rende ogni singolo accordo prezioso. Il realismo del dramma, che non cede mai al verismo, in cui personaggi parlano nell’ intero loro respiro, nella tridimensionalità della loro psicologia. Nessun elemento dell’ Opera è sottratto a questo sentire. La poesia è stata servita dal gesto rigoroso della Ioffe che non ammetteva eccezioni, così come non ammette eccezioni la scrittura dettagliata del compositore lucchese.
I cori, di adulti e di voci bianche, sono stati affidati rispettivamente ad Ulisse Trabacchin e Paolo Facincani. Il Maestro Paolo Facincani ha calcato le linee decise e schiette del vivace coro di Voci Bianche da lui stesso ideato e realizzato: A.LI.VE. I bambini, nel secondo atto, cantilenavano al giocattolaio Parpignol irrompente nella piazza. Con lo stesso carro pieno di giochi, idee, divertimenti con cui il Maestro disciplina impeccabilmente i più piccoli alla musica.
Gli interpreti
Il cast giovane e internazionale ha aiutato ad esaltare il carattere leggero della commedia e la sua eterna giovinezza, con l’ umorismo perfettamente naturale dei loro gesti
Sulle note dell’ inconfondibile tema di Mimì, inerpicandosi su timide tensioni, si è destreggiata la messicana Karen Gardeazabal. Il Soprano e il suo connazionale Galeano Salas, nelle vesti di Rodolfo, hanno creato un’ intesa vincente, nata dalle dolci melodie che, nella storia, la ricamatrice intesse insieme al prestigiatore di versi
Il ventiquattrenne Jan Antem ha portato sul palcoscenico tutta la freschezza del suo percorso da belcantista, educata da famosi maestri come Juan Diego Florez, Carlos Chausson, Davide Luciano, solo per citarne alcuni. Gli calza a guanto il ruolo del gagliardo musicista Schaunard che porta provviste, soldi e allegria alla sua compagnia.
Sul waltzer della vezzosa e provocante Musetta, invece, sfavillava il canto di Giuliana Gianfaldoni, amalgamandosi con l’ altrettanto ammaliante suono dell’ orchestra che l’ accompagnava. Quella fierezza nelle sue doti di attrazione rappresentato dallo stesso eccentrico viola che la costumista Silvia Bonetti ha scelto per il suo completo.
Le scene
Nella soffitta in cui vivono gli artisti si progettavano le locandine per la manifestazione studentesca.
Sede in cui i protagonisti hanno celebrato la nascita di nuovi amori e la riscossa di sentimenti antichi, è rimasta, come per la versione originale, il caffè Momus. Un luogo storicamente frequentato da bohèmiennes, ma che, nella nuova produzione, risuonava pericolosamente della confusione, del moltiplicarsi l’ uno sull’ altro degli ideali anti borghesi in contemporanea, dei sentimenti di passione e di possessione, dell’ entusiasmo degli artisti. Tutto ciò accompagnato dal coro dei bambini, coordinato e mai schiamazzante e dagli scontri, quasi ingombranti tra manifestanti e poliziotti.
Nel terzo atto, la Barriera d’ Enfer diventa l’ Università di Nanterre. In un orizzonte ormai buio si dilaniavano i cuori dei protagonisti. Nell’ esasperata prossemica le coppie si conoscevano ulteriormente, esaltando le intese nate dai dialoghi cantati, sia dalla Karen Gardeazabal, con Galeano Salas, sia da Giuliana Gianfaldoni con il baritono toscano Alessandro Luongo nelle vesti di Marcello. Quest’ ultimo, noto nella sua generazione per la sua brilllante personalità artistica, ha imposto la sua presenza con sapienza e amabilità.
E pur tra i tentativi dei personaggi di tenersi in amplessi, ben disegnati come passi di danza, si scorgeva, ormai, sullo sfondo scenografico del fumo, un po’ dalle sigarette di Musetta, un po’ dal falò. Quasi a simboleggiare i cuori infuocati. Sentimenti che non sono riusciti a prevenire l’ incendio della passione: il caminetto dell’ amore che sciupa troppo e in fretta, dove l’ uomo è fascina e la donna è l’ alare, come da fatale sentenza delle primissime battute di Rodolfo
Gli ideali e il climax del IV atto
Si ritorna nell’ atelier degli artisti, nel quarto atto. In questo momento convergono e fanno i conti col destino tutti i forti sentimenti che si sono intrecciati durante l’ intero corso dell’ Opera. Convergono l’ umorismo con cui gli artisti si sono presentati sin nelle prime battute, con la solennità dei sentimenti d’ amore e delle loro utopie. Ritorna quindi lo spirito gagliardo dei bohèmiennes ma con tutto un altro sapore d’ amarezza.
Le delusioni d’ amore simboleggiati dalle delusioni delle lotte studentesche, rendono le poche speranze rimaste buffe maschere cadenti. Gli artisti tentano invano di recuperare lo spirito gagliardo e la giocosità che li distingueva in principio, prima che dovessero fare i conti con i dettami dell’ innamoramento; Rodolfo crede di poter ancora riscaldare la gelida manina di Mimì e di poter ancora godere della sua luce da aurora.
Persino a chi, come Colline, aveva partecipato alla vicenda quasi da spettatore (e anche lui ironizzava disinibito sui tragici moti delle vicende sentimentali) ora viene catalizzato dalla tragica malattia dell’ angelica fanciulla Mimì. La morte della donna ideale, così come spenti erano gli ideali rivoluzionari
Nella voce del basso Francesco Leone converge tutto quel climax che, dal primo atto dell’ Opera, ha condotto incessantemente l’ azione al culmine della sua emotività. E con un carisma memore della lezione del Maestro Pavarotti, la romanza Vecchia Zimarra è l’ emblema dell’ aura grave, di solennità e di importanza che solo questi bohèmiennes sanno dare a tutte le piccole cose. Ogni piccolezza della quotidianità diventa un gioiello di inestimabile valore: la zimarra è l’ antro che ha ospitato filosofi al riparo dagli interessi dei potenti, così come il manicotto che Musetta dona a Mimì diventa consolazione delle sofferenze della soave fanciulla. D’ altronde, è lo stesso tocco da Re Mida che la Ioffe ha saputo dare all’ Orchestra.
Gala LA BOHÈME di San Silvestro
Per l’eccezionale serata di gala di sabato 31 dicembre alle 19, il cast si annuncia altrettanto eccezionale. I protagonisti Mimì e Rodolfo saranno interpretati rispettivamente dal soprano Aleksandra Kurzak e dal tenore Roberto Alagna. La coppia di cantanti, in scena e nella vita, sono stelle dell’opera, reduci da grandi successi in tutto il mondo e in Arena durante lo scorso Festival. Questo Capodanno saranno per la prima volta riunite sotto la volta del Teatro Filarmonico.
Alla guida dell’Orchestra di Fondazione Arena, del Coro preparato da Ulisse Trabacchin e delle voci bianche di A.LI.VE. dirette da Paolo Facincani, salirà sul podio il giovane maestro Andrea Battistoni, veronese di nascita e di carriera internazionale, già beniamino del pubblico dell’anfiteatro.