Nell’odierno Lampi News ci occupiamo di giudizi sommari, etica di governo e valutazione di opportunità: talvolta, è più opportuno fare un passo indietro

Di: Andrea Panziera

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Lo confesso, sono un inguaribile garantista. Chiunque deve essere considerato sempre innocente fino a che non sia stata emessa la sentenza definitiva – quindi, sulla base del nostro Ordinamento, dopo il pronunciamento della Suprema Corte. Di conseguenza, detesto i giudizi sommari, le attribuzioni di verdetti di colpevolezza sulla base di indizi a volte flebili, di prove quantomeno discutibili. Non di rado le accuse in merito a presunti reati sono frutto della cieca contrapposizione politica.

Parimenti, trovo sgradevole – per non dire di peggio – chi a sproposito parla di “giustizia a orologeria“. Trovo sgradevole chi non analizza le vicende per quello che sono e per le implicazioni che possono avere sulla credibilità delle Istituzioni. Chi si rifiuta persino di rispondere in modo sdegnato alle domande di coloro che per mestiere hanno il compito di raccogliere opinioni, analizzare fatti e circostanze e di riferire il tutto a lettori e/o ascoltatori che comprano un giornale o pagano un canone televisivo per essere informati.

Il problema vero è che, spesso, la nostra non certo encomiabile classe dirigente dimentica che nell’etica di ogni Governo di un Paese democratico esiste da sempre un valore imprescindibile: la valutazione di opportunità. In altri termini, è da considerarsi appropriato, di fronte a certi comportamenti che possono ingenerare sospetti sulla liceità di una qualche azione amministrativa, rimanere pervicacemente seduti sul proprio scranno, declamando tesi difensive piuttosto deboli e spesso contraddittorie? Piuttosto, non sarebbe più opportuno, manifestando in modo sincero e senza infingimenti l’incrollabile fiducia sul corso della Giustizia in quanto innocenti (o sedicenti tali), fare un esemplare passo indietro?

Al di sopra di ogni sospetto

Non sarebbe – come qualcuno sostiene – un’implicita ammissione di colpevolezza, ma una prova estrema di senso di responsabilità. Il politico integerrimo antepone in ogni occasione la credibilità dell’Istituzione che rappresenta ad ogni altra considerazione di tipo personale; a procedimento concluso, la sua immagine ne trarrebbe indubbio beneficio.

Chi ricopre cariche pubbliche deve apparire – non solo essere – privo di ombre, di qualsiasi genere e natura esse siano. Giulio Cesare, quando chiese e ottenne il divorzio dalla moglie Pompea, si guardò bene dallo scalfirne l’onore. Nel processo, citato come testimone, rifiutò di deporre contro il rivale e si dichiarò convinto dell’innocenza della moglie. Quando i giudici gli chiesero perché avesse allora divorziato, rispose che anche la moglie doveva essere al di sopra di ogni sospetto. Valeva duemila anni fa e vale a maggior ragione anche oggi.