Il Professore Francesco Manfredi, su incarico di Assoimprese Verona, ha formulato un’analisi sulla situazione socio-economica italiana durante l’emergenza Covid-19
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Il “Centro Studi” di Assoimprese Verona ha incaricato il Professore Francesco Manfredi di formulare un’analisi sulla situazione socio-economica italiana in riferimento all’emergenza Covid-19. Analisi in particolare inerente ai provvedimenti governativi e regionali con annessa proiezione sugli effetti del lockdown e le prospettive per il futuro del settore produttivo.
L’opinione del Professore Francesco Manfredi
“Il mio invito – ha dichiarato Francesco Manfredi – è quello di non perdere tempo. E invito il Governo per primo a non perderne altro, con questo stillicidio di rinvii di settimana in settimana, con stime e decreti parziali continuamente da rivedere, da correggere, da integrare. Le aziende non possono lavorare in queste condizioni. Bisogna essere consapevoli che a giugno saremo solo a metà del guado, sperando che nel frattempo la cosiddetta Fase 2 sia stata pianificata in modo realmente efficace e che le Regioni e le imprese non siano state abbandonate a se stesse.
I numeri veri e le prospettive su cui decidere una risposta finalmente seria sono molto chiari. Per ogni mese di blocco il sistema economico perde circa 50 miliardi; dunque, prima di 6 mesi, sforzandoci di essere molto ottimisti, è impossibile che possano riprendere i normali cicli aziendali. Anche perché difficilmente saranno pienamente ripresi i processi di acquisto e di consumo dei cittadini. In sei mesi si corre il rischio di una perdita di PIL vicina ai 300 miliardi“.
I numeri
“È evidente che lo Stato deve agire come se dovessimo realizzare una vera e propria ricostruzione. – prosegue il Professore – Una ricostruzione che è economica, ma anche sociale. Per salvare almeno la parte sana – o comunque salvabile – del sistema economico lo Stato deve iniettare subito 300 miliardi veri, non ipotetici come quelli visti fino ad ora. Di questi 300 miliardi, 150 devono essere a fondo perduto e 150 di prestiti garantiti a tasso zero con rientro in almeno 15 anni. La scelta di costringere le imprese ad aggiungere solo debito a debito le farà morire comunque, se non nel breve, nel medio periodo. Oppure impedirà di rimettersi in piedi agganciando la ripresa.
Stime prudenziali parlano del rischio di una contrazione del PIL italiano tra l’8 e il 10%. Le stime che giudico realistiche, anche secondo le nostre simulazioni, parlano del 15%. D’altronde, 50 miliardi di perdita mensile per 6 mesi tra lockdown e tempi di ripartenza fanno 300 miliardi, che è il 16,6% del PIL 2019.
I numeri, purtroppo, sono questi. Inutile credere o sperare in una miracolosa super ripresa di fine anno, che non potrà mai esserci se le aziende usciranno seriamente danneggiate. Senza impresa, soprattutto senza piccolissima, piccola e media impresa, senza imprenditori laboriosi in grado di produrre e distribuire valore, c’è solo il reddito cittadinanza, cioè l’elemosina di Stato che non può durare a lungo se qualcuno non produce ricchezza“.
I decreti Cura Italia e Liquidità
“Se analizziamo il cosiddetto Decreto Cura Italia, bastano pochi numeri per comprenderne la portata. In esso vi è un potenziamento della CIG in deroga di 2,3 miliardi e degli ammortizzatori per gli autonomi di 2,2 miliardi. Cifre totalmente inadeguate per fronteggiare efficacemente una situazione in cui il 36,5% dei lavoratori è a casa e in cui si è generata una perdita mensile, solo per autonomi e liberi professionisti, di circa 25 miliardi al mese.
Il decreto “Liquidità”, se possibile, è ancora peggiore. Non è stato dato nulla a fondo perduto alle imprese; i tempi di rientro di 6 anni non sono sostenibili per realtà stremate e peraltro già con esposizioni debitorie; l’efficacia per chi può accedere non è neppure immediata, perché la maggior parte delle aziende non ha ancora approvato il bilancio 2019; in più, non ha nessuna efficacia per tutte le imprese con problemi non ancora risolti dopo la precedente crisi o che comunque le banche non ritengono affidabili e pertanto meritevoli di credito. Il decreto, quindi, benché a parole sia anche epocale, nei fatti è poco efficace per il presente. Non sarà assolutamente in grado di sostenere le imprese quando cercheranno di riprendere il cammino”.
Il deficit di “una posizione chiara e forte”
“Tutto questo, purtroppo, non mi stupisce. – conclude Manfredi – Si è già vista una grande approssimazione del Governo nella gestione della fase dell’emergenza sanitaria; era quindi prevedibile che accadesse lo stesso con la gestione dell’emergenza economica. Quello che mi stupisce, che mi amareggia – e che dovrebbe amareggiare tutti gli imprenditori seri – è che diverse componenti della rappresentanza imprenditoriale non abbiano avuto il coraggio di prendere una posizione chiara e forte davanti a questo scempio”.
Francesco Manfredi è Professore ordinario di Economia aziendale presso l’Università LUM-Jean Monnet di Bari. È anche direttore della School of Management e prorettore della Formazione manageriale postgraduate della LUM di Milano, Bari e Trani.